EUROVISION – Emittenti europee contestano la rimonta di Yuval Raphael

L’edizione 2025 dell’Eurovision Song Contest, ospitata a Basilea, ha riportato in primo piano una domanda non nuova: quanto è davvero trasparente e imparziale il sistema di voto che dovrebbe premiare la sola musica? A catalizzare il dibattito è stata la sorprendente rimonta di Israele, rappresentata da Yuval Raphael, che, grazie ai 297 punti del televoto, ha sfiorato la vittoria pur avendo ricevuto pochi punti dalle giurie nazionali. Il risultato, inatteso, ha portato reazioni immediate da parte di diverse emittenti pubbliche, in particolare in Spagna, Belgio e Islanda. RTVE, la televisione di stato spagnola, ha espresso il suo “stupore” per il fatto che il televoto nazionale le abbia assegnato dodici punti, il massimo possibile, in contrasto con il sentimento dominante, molto critico nei confronti di Israele. Anche l’islandese RÚV e la fiamminga VRT hanno chiesto un’indagine sui dati del voto popolare, ventilando l’ipotesi che la performance israeliana sia stata sostenuta da una campagna di mobilitazione digitale su larga scala. Secondo quanto riportato dal Jewish Chronicle a sollevare dubbi è stata la netta discrepanza tra il giudizio delle giurie – che hanno pressoché ignorato la performance di Yuval Raphael – e l’impennata nei voti popolari. La European Broadcasting Union (EBU), che organizza il concorso, ha spiegato che il sistema utilizzato è tra i più sicuri e sofisticati al mondo e che viene sottoposto a verifiche indipendenti. Non ha fornito però i dati sul televoto disaggregati, perché non disponibili per i singoli paesi a causa di specifici accordi con i provider telefonici.
Sul caso pesa anche il coinvolgimento del ministero degli Esteri israeliano, che ha promosso la partecipazione della cantante con una campagna social mirata. Nei giorni prima della finale sono circolati video in varie lingue in cui Yuval Raphael invitava a votare per lei, una strategia che, secondo alcuni osservatori, potrebbe aver alterato l’equilibrio del televoto. Nel frattempo la cantante, 24 anni, sopravvissuta il 7 ottobre al massacro del Nova festival, è diventata un simbolo di resilienza per molti israeliani, il suo brano, New Day Will Rise, cantato in inglese e in ebraico, è un inno alla vita e alla memoria che ha suscitato emozioni e anche polemiche. Alcuni hanno contestato la sua presenza in gara, sostenendo che la sua storia personale, pur toccante, ha introdotto una dimensione politica in una manifestazione canora, ma d’altra parte essere sopravvissuti a un pogrom non può essere un motivo di esclusione. Così mentre l’EBU annuncia una revisione dei meccanismi di voto in vista del settantesimo anniversario della manifestazione, resta aperta la domanda di fondo: l’Eurovision può ancora dirsi uno spazio neutro, o si sta trasformando sempre più in un campo di battaglia simbolico dove arte, opinione pubblica e geopolitica si sovrappongono fino a confondersi?
(Foto – Ebu)