ISRAELE – Stallo sulla tregua, pressioni su Netanyahu

Sul tavolo del negoziato gli Stati Uniti hanno messo la loro proposta: 70 giorni di tregua, il rilascio graduale di dieci ostaggi israeliani – cinque vivi e cinque salme – e l’avvio di colloqui per un cessate il fuoco permanente. Il piano, promosso dal presidente Donald Trump e dal suo inviato in Medio Oriente Steve Witkoff (nell’immagine con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu), prevede anche un ritiro parziale dell’esercito israeliano da Gaza e l’ingresso quotidiano di aiuti umanitari. Hamas si è detto favorevole alla proposta, ma Israele, pur riconoscendo gli sforzi americani, ha espresso riserve su alcune condizioni, ritenute troppo vaghe o pericolose sul piano della sicurezza.
Secondo fonti israeliane, il gruppo terroristico non avrebbe dato garanzie sufficienti per fermare completamente le ostilità né per evitare il riarmo futuro. Per questo motivo, Gerusalemme ha giudicato il piano, così come formulato, inaccettabile. Trump, da parte sua, ha mostrato irritazione per l’impasse, pur mantenendo il dialogo con il governo di Benjamin Netanyahu per evitare una rottura.
Intanto, a Gerusalemme, le celebrazioni per Yom Yerushalaim sono state segnate da tensioni: cori anti-arabi e scontri tra manifestanti e residenti palestinesi hanno riacceso la polemica internazionale. Le autorità israeliane hanno condannato gli episodi di odio e tentato di mantenere l’ordine, pur con difficoltà, riportano i media locali.
Anche sul fronte diplomatico il clima è sempre più teso. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, tra i leader europei più prudenti nel criticare Israele, ha espresso pubblicamente preoccupazione per le crescenti vittime civili a Gaza. «Non capisco più cosa stia facendo l’esercito israeliano», ha dichiarato in un’intervista. Pur ribadendo che la Germania resta «il partner più importante di Israele in Europa», Merz ha lanciato un monito chiaro: «Il governo israeliano non deve spingersi oltre ciò che i suoi amici più stretti sono disposti a tollerare». E ha aggiunto che, «quando si superano certi limiti, quando il diritto umanitario internazionale viene messo in discussione, anche il cancelliere tedesco ha il dovere di far sentire la propria voce».
Sul fronte interno, resta alta la minaccia terroristica. Lo Shin Bet ha arrestato tre giovani arabo-israeliani radicalizzati via social media e indottrinati dall’Isis. Il gruppo stava preparando ordigni artigianali da usare contro civili e forze di sicurezza. Un episodio che conferma come, nonostante l’attenzione sul conflitto a Gaza, il rischio jihadista sia concreto anche sul suolo israeliano.prevede