MUSICA – Leggere Mann con le note di Castelnuovo-Tedesco al Pitigliani

Mario Castelnuovo-Tedesco e Thomas Mann condividevano molto. Entrambi esuli, l’uno dalla ferocia delle leggi razziali fasciste, l’altro dalla minaccia nazista, finirono a vivere a pochi isolati di distanza, sulle colline di Beverly Hills. Quando Mann morì, Castelnuovo-Tedesco gli dedicò Le storie di Giuseppe, un ciclo pianistico ispirato al romanzo Giuseppe e i suoi fratelli. Entrambi portarono con sé l’Europa, il trauma della frattura, la necessità di reinventarsi altrove. Castelnuovo-Tedesco non divenne mai del tutto americano, così come non si sentì più davvero italiano. «Sospeso come una nuvola tra due mondi», scrisse di sé stesso.
Il ritratto di un artista diviso tra culture e tradizioni rivivrà nel concerto del 28 maggio (ore 20:00) al Centro ebraico Pitigliani di Roma. Sul palco ci saranno Simonetta Heger al pianoforte e il soprano Elizabeth Hertzberg, da tempo impegnate nella riscoperta della musica di Castelnuovo-Tedesco. L’appuntamento, con il patrocinio Ucei, guiderà il pubblico tra alcune delle opere del compositore fiorentino: dai brani su testi biblici fino al ciclo pianistico Le storie di Giuseppe, ispirato al romanzo di Thomas Mann.
«Scriveva musica difficilissima, perché se la suonava da solo», spiega Heger a Pagine Ebraiche. «Tecnicamente complessa, ma anche profondamente teatrale, piena di citazioni, di sottotesti. Ci vuole tempo per entrarci davvero». Heger conosce bene questo repertorio: è dal 1988 che si occupa della musica di Mario Castelnuovo-Tedesco. «Ero giovanissima. Il mio primo incontro è stato con un concerto al Ridotto della Scala, organizzato dalla Comunità Ebraica di Milano. Lì ho scoperto sia lui sia Aldo Finzi».
L’incontro con Elizabeth Hertzberg è arrivato nel 2017, a New York, durante un concerto dedicato a Finzi. «Abbiamo iniziato a lavorare insieme e siamo partite dai Lieder di Heine, pubblicati nel 1966 dalla Universal. Poi abbiamo incontrato Diana Castelnuovo-Tedesco, la nipote. Le abbiamo fatto ascoltare i Lieder, e lei ci ha raccontato di due cicli mai registrati. Ci ha aiutato a trovare i materiali inediti». Mareriali su cui il duo ha lavorato e da cui è nato il disco Mario Castelnuovo-Tedesco: Songs and Stories, che raccoglie anche brani pianistici e vocali ispirati alla tradizione ebraica e alla poesia europea.
Nel concerto di Roma ci sarà una selezione di queste opere, accanto a Aria di Naomi, Aria di Ruth e Canzone di Usigliano, oltre alla versione integrale de Le storie di Giuseppe per solo pianoforte. «È un ciclo scritto nel 1955, che unisce Bibbia e Thomas Mann in una narrazione quasi cinematografica. Ogni brano ha un versetto introduttivo e un vero e proprio racconto musicale: Giuseppe vanitoso con la veste multicolore, il pozzo, la carovana».
Castelnuovo-Tedesco non arrivò negli Stati Uniti come docente di musica classica. Fu la MGM ad assumerlo, come compositore per il cinema. «Eppure, anche nella musica da film, manteneva quel legame con le sue radici europee. Dentro Le storie di Giuseppe si sentono Mahler, Schumann, a volte anche Verdi. C’è ironia, nostalgia, orgoglio. È come se dicesse: “Io vengo da lì”».
La sua influenza, silenziosa ma profonda, si ritrova ancora oggi nel linguaggio della musica americana, osserva Heger. «Tra i suoi allievi ci sono stati John Williams, Henry Mancini, Jerry Goldsmith. Se oggi fischietti il motivo de La Pantera Rosa, in fondo ti stai rifacendo anche a lui».
Non mancheranno i riferimenti alla letteratura, sempre centrale nella poetica del compositore. Shakespeare, Browning, e – nel disco – anche Heine: «Scelse le poesie più ironiche. Non quelle tragiche, come avevano fatto Schubert o Schumann. Voleva uno sguardo diverso, più leggero. E la sua passione per la poesia nasce da lontano: nella sua autobiografia racconta di una tata tedesca che gli faceva leggere Goethe, Schiller, Heine…».
Al di là del repertorio eseguito, l’iniziativa è un’occasione per riscoprire una figura rimasta troppo a lungo in ombra. «È stato dimenticato per decenni, ridotto alla sola musica per chitarra. Se non ci fossero stati i chitarristi Andrés Segovia e Angelo Gilardino, forse non lo conosceremmo affatto. Ma era un compositore di straordinaria ricchezza. E in qualche modo ci parla ancora. Anche quando non lo capiamo subito. Anche quando non conosciamo tutto il contesto. La musica, a volte, va oltre la razionalità».
d.r.