ISRAELE – 600 giorni dal 7 ottobre, la rabbia delle famiglie degli ostaggi

«Quando Israele fa saltare un accordo, lo fa sulla testa degli ostaggi. Questo deve finire. E può finire, adesso» Le parole di Arbel Yehud, ex ostaggio di Hamas, risuonano come un monito e una richiesta accorata nel giorno in cui la ferita aperta del 7 ottobre 2023 raggiunge il segno dei 600 giorni. Da allora, 58 ostaggi restano ancora prigionieri a Gaza. Le famiglie non hanno mai smesso di far sentire la loro voce.
La rabbia delle famiglie
A Tel Aviv, nella piazza degli ostaggi, madri, padri, sorelle, fratelli si sono riuniti come sempre, ma oggi con il peso simbolico dei seicento giorni. «Abbiamo gridato e cercato di credere, ma il soccorso non è mai arrivato» afferma Ofri Bibas, sorella di Shiri, uccisa dai terroristi in prigionia assieme ai figli Kfir e Ariel. «Signor primo ministro, lei ha fallito quel giorno e ha fallito in questi 600 giorni. Non si è assunto la responsabilità e non indagherà su quanto è successo», ha attaccato Bibas, puntando il dito contro il capo del governo Netanyahu.
Le parole pronunciate a Tel Aviv sono dure, spesso accompagnate da lacrime. Sul palco, accanto a Ofri, siede il padre dell’ostaggio Bar Kuperstein, Tal, che piange in silenzio, in sedia a rotelle, abbracciato dal nipote. «Vorrei piangere di felicità» sussurra Barak Oz, cugino di Bar, sognando il suo ritorno. «Ci sentiamo abbandonati e dimenticati», ribadiscono i famigliari dei rapiti.
Il dibattito alla Knesset
A Gerusalemme, nel frattempo, il Parlamento discute. L’orine del giorno scelto dall’opposizione per il dibattito straordinario è esplicito: “Il completo fallimento del governo nel raggiungere gli obiettivi della guerra”. Un’accusa che ha fatto infuriare Netanyahu. «Parlate di zero risultati? Ma vivete sulla Terra? Abbiamo eliminato Muhammad Sinwar, smantellato infrastrutture terroristiche, liberato territori dalle minacce. Nelle guerre di Israele non ci sono mai stati così tanti risultati su così tanti fronti» ha replicato il premier.
A rispondergli, con parole taglienti, è stata la deputata centrista Efrat Reitan: «Lei ha detto che dorme la notte con la coscienza pulita. Ma la coscienza è ciò che distingue il bene dal male, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. E oggi, nel 600° giorno del fallimento del governo Netanyahu, lei continua a stringere alleanze con un ministro razzista che segue le orme di Kahane, e con un ministro estremista che sogna l’occupazione e gli insediamenti a Gaza.»
Gli aiuti umanitari a Gaza e lo scontro diplomatico
A Gaza, la questione degli aiuti umanitari resta al centro delle tensioni internazionali. Gli Stati Uniti, tramite un alto funzionario dell’amministrazione Trump, hanno rinnovato il loro sostegno alla Gaza Humanitarian Foundation, incaricata di coordinare la distribuzione degli aiuti umanitari. «Stiamo migliorando la vita dei gazawi» ha dichiarato il funzionario ai media israeliani, assicurando che «grazie al nostro sistema, Hamas resta a mani vuote». Ma il meccanismo, scrive ynet, resta fragile, ostacolato dai terroristi palestinesi, dalla distruzione delle infrastrutture, dai blocchi militari e dalla sfiducia reciproca.
Intanto, sul piano internazionale, si alza il tono dello scontro. Dall’Italia il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto «l’immediata cessazione» dell’offensiva israeliana su Gaza, definendola «drammatica e inaccettabile». Parole che trovano un’eco polemica nella risposta del ministro israeliano Gideon Sa’ar: «Negarci il diritto di difenderci equivale a preparare una seconda Shoah».
Mentre il clima politico e diplomatico è sempre più complicato, Israele sperimenta anche un crescente isolamento fisico. Ryanair ha annunciato la proroga della sospensione di tutti i voli da e per Tel Aviv fino al 1° agosto. Un colpo pesante per oltre 200.000 viaggiatori, i cui biglietti sono stati cancellati. Dopo l’attacco missilistico degli Huthi che ha colpito l’area dell’aeroporto Ben Gurion, la maggior parte delle compagnie straniere ha cancellato i propri voli per Tel Aviv. La compagnia di bandiera El Al resta quasi sola a coprire le rotte principali.