MEMORIA – Eva Umlauf alla guida dello IAK per cambiare il domani

C’è un filo che attraversa le vite e le parole di chi ha visto Auschwitz e ha scelto, dopo, di continuare a parlare. Un filo che oggi trova nuova voce nella figura di Eva Umlauf, da poco nominata presidente del “Comitato Internazionale di Auschwitz” (IAK). Una figura tanto discreta quanto incisiva, una di quelle persone che più che raccontare incarnano la memoria, con la compostezza e l’intelligenza di chi ha trasformato la propria storia in impegno. Nata nel 1942 in Slovacchia, deportata ad Auschwitz a due anni, sopravvissuta insieme alla madre ma marchiata per sempre dal numero tatuato sul braccio e da un’infanzia senza infanzia, Eva Umlauf è cresciuta a Monaco di Baviera. Ha studiato medicina, si è specializzata in pediatria e psicoterapia infantile, e per decenni ha curato traumi altrui, senza mai disgiungerli dai propri. Solo in età adulta ha iniziato a raccontare pubblicamente la sua storia senza mai cedere alla retorica. La sua nomina arriva a pochi mesi dalla scomparsa di Marian Turski, storico e giornalista polacco, deportato ad Auschwitz dopo l’internamento nel ghetto di Łódź, presidente dell’IAK dal 2021 e a lungo tra le voci più autorevoli della memoria europea. Suo è l’appello diventato ormai monito per un’intera generazione: «Non essere indifferente», ripetuto instancabilmente fino al suo ultimo discorso pubblico. Il Comitato Internazionale di Auschwitz, nato nel 1952 per iniziativa dei sopravvissuti è stato creato non solo per ricordare ciò che era stato, ma anche per costruire gli anticorpi morali contro ciò che ancora poteva tornare. Con sede a Berlino, il Comitato oggi riunisce associazioni e testimoni da 19 Paesi, e ha avuto tra i suoi presidenti figure emblematiche come Kurt Julius Goldstein, Roman Kent e, appunto, Turski. Nel passaggio del testimone a Eva Umlauf c’è qualcosa che va oltre la semplice successione: è una staffetta generazionale, ma anche un’evoluzione nel modo di custodire e trasmettere la memoria. Se Turski rappresentava la voce di chi ha vissuto da adolescente la devastazione, Umlauf porta con sé quella della bambina deportata, della figlia silenziosa della Shoah. E lo fa con lo sguardo di una terapeuta, consapevole che la memoria non può essere solo celebrazione o cronaca, ma deve entrare nei gesti quotidiani, nella formazione, nella cura. Negli ultimi anni, Umlauf ha intensificato la sua presenza pubblica, soprattutto nelle scuole. Ha parlato ai giovani non solo di antisemitismo e persecuzione, ma di come la società può diventare complice dell’odio attraverso il silenzio. Nel 2024 aveva messo in guardia apertamente contro la crescita delle ideologie estreme in Europa, definendo “devastante” la normalizzazione di certe parole d’odio. Ora, con la presidenza dell’IAK, il suo ruolo si fa ancora più visibile. Umlauf incarna una memoria non fossilizzata, ma fertile: non solo ciò che è stato, ma ciò che ancora può cambiare. Il suo sguardo non è rivolto solo al passato, ma al presente e al futuro di una società che troppo spesso dimentica. Nel suo primo intervento dopo la nomina, ha ricordato che la responsabilità della memoria è oggi di tutti. «Raccontare serve, ma non basta. Occorre ascoltare, occorre agire». Una frase semplice, come spesso lo sono quelle decisive. In una parola, il segno di una guida.