TORINO – Conoscere Franca Jarach. Una mostra

Umanizzare la storia. Sulla vita di Franca Jarach, desaparecida è il titolo di una mostra che non si limita a commemorare, ma invita a sentire. Sentire il peso di una storia che attraversa due tragedie del Novecento – la Shoah e la dittatura argentina – attraverso la vita breve e luminosa di una ragazza, Franca Jarach, figlia di ebrei italiani emigrati in Argentina per sfuggire alle leggi razziali fasciste e vittima del terrorismo di Stato della giunta militare.
L’allestimento, ospitato fino al 20 giugno nelle sale della Biblioteca Arturo Graf dell’Università di Torino, è della curatrice Silvia Margaria, che ha costruito un percorso espositivo in cui la memoria non è mai rigida o celebrativa, ma umana, vicina, viva. Si entra in punta di piedi tra fotografie, lettere, appunti, musicassette, documenti ufficiali, ma si esce con la sensazione di aver conosciuto davvero Franca, non solo come figura storica ma come presenza viva. Una ragazza curiosa, politicizzata, attenta al mondo e alle sue ingiustizie, che scrive poesie, riflette sull’identità, sogna un futuro giusto. Il progetto nasce anche dall’incontro con il lavoro dello storico Carlo Greppi, autore del recente Figlia mia. Vita di Franca Jarach, desaparecida (Laterza, 2025), che nella mostra compare in forma di testi e narrazioni a corredo del materiale visivo. Il suo sguardo, più che ricostruire una vicenda, accompagna il visitatore dentro il cantiere della memoria: i dubbi, le lacune, le domande che ogni archivio custodisce insieme alle risposte. Franca venne sequestrata il 25 giugno 1976, a soli diciott’anni, e portata all’ESMA, uno dei principali centri di detenzione clandestina della dittatura. Come tanti altri desaparecidos, fu poi gettata viva nell’oceano durante i cosiddetti “voli della morte”. Il suo corpo non fu mai ritrovato. La madre, Vera Vigevani Jarach, è diventata una delle voci più forti e chiare delle Madres de Plaza de Mayo – Línea Fundadora, portando in piazza ogni giovedì la foto della figlia e la parola Zakhòr – ricorda – come imperativo etico. Questa vicenda parla anche a chi, dall’Italia e dal mondo ebraico, ha vissuto o ereditato il trauma della persecuzione. Racconta cosa significa essere colpiti due volte dalla storia: prima come ebrei in fuga dal fascismo, poi come cittadini perseguitati da un regime che annienta ogni dissenso. Ma, soprattutto, ci ricorda che la memoria non è solo un esercizio del passato: è una chiamata al presente. Franca Jarach non è un nome da archiviare, ma una voce che ci chiede, ancora oggi, da che parte vogliamo stare.