ROMA – Loay Alshareef: Arabi ed ebrei, coltiviamo insieme la speranza

«La parola fondamentale è speranza, unita all’educazione. Quando ero giovane non la pensavo come la penso adesso. Se ho cambiato idea io, la possono cambiare milioni di arabi e musulmani».
È il concetto chiave con il quale il blogger saudita Loay Alshareef ha iniziato il primo dei tanti interventi che lo attendono in questi giorni in Italia, da Roma a Milano, passando da Bologna, per parlare del suo impegno per il dialogo tra arabi ed ebrei e a favore degli Accordi di Abramo. Cresciuto in un contesto radicale, affrancatosi dall’odio dopo aver vissuto a stretto contatto con una famiglia ebraica a Parigi, Alshareef è un attivista molto attivo online e sui social.
«Quando questa guerra finirà, avremo più pace nella regione e molti più paesi aderiranno agli Accordi di Abramo» è la convinzione espressa da Alshareef a Palazzo Valentini, a Roma, dove l’organizzazione Sinistra per Israele-Due popoli due Stati l’ha invitato a parlare dei possibili “percorsi di cooperazione arabo-israeliani”. Alle 17.30 il blogger sarà poi al Centro ebraico il Pitigliani, ospite dell’Ucei. Con lui dialogherà il direttore di Pagine Ebraiche, Daniel Mosseri. «So che la situazione è difficile. Quello che conta è fermare Hamas. La guerra potrà finire solo se la parte che l’ha iniziata si arrenderà e libererà gli ostaggi», ha dichiarato durante il primo incontro romano. Se volete aiutare i palestinesi, ha poi incalzato l’attivista, non praticate iniziative come quelle estemporanee della Freedom Flotilla «ma esercitate pressioni su Hamas, fate in modo che gli ostaggi siano liberati; se una volta raggiunto un accordo Israele non farà la sua parte, sarò il primo a parlare contro Israele». Per Alshareef «si può essere pro Israele e pro Palestina al tempo stesso, ma non bisogna essere pro Hamas, il cui unico intento è distruggere Israele». Su questo punto non ci possono essere negoziazioni e rendono un cattivo servizio quegli estremisti che in Occidente «abusano della libertà concessa dallo Stato diritto per promuovere istanze che rischiano di danneggiare gli altri e se stessi». L’attivista ha poi parlato della sua vita negli Emirati Arabi Uniti, un paese «progressista e molto sviluppato, con buone relazioni con Israele: ho molti amici ebrei e israeliani che vivono da noi, è quello il modello da propagare». L’iniziativa è stata aperta dai saluti di Victor Magiar e Davide Jona Falco, rispettivamente vicepresidente di Sinistra per Israele e assessore alla Comunicazione UCEI. Come ha spiegato Magiar, «l’Islam è un’esperienza culturale e religiosa con 1400 anni storia; sappiamo che c’è una parte dell’Islam in dura opposizione con il mondo ebraico, ma ce n’è un’altra disposta in ben altro modo». È il caso ad esempio dell’Azerbaijan, «paese islamico che si vanta di non avere mai avuto antisemitismo». Ciò che rende importante la testimonianza di Alshareef, ha affermato Jona Falco, «è il fatto che non nasce così: le sue convinzioni sono frutto di un percorso personale, il risultato di una conoscenza e di un confronto diretto». Ha preso la parola anche il parlamentare Piero Fassino, esponente attivo di Sinistra per Israele. Secondo l’esponente del Pd, «un cambio di dirigenza è necessario sia tra israeliani sia tra palestinesi» e «l’unica soluzione è Due stati, due popoli, anche se non sarà semplice arrivarci, perché il 7 ottobre ha scavato un solco profondo di sfiducia nella società israeliana e la guerra a Gaza ha fatto lo stesso con quella palestinese».

Adam Smulevich