ROMA – Il blogger saudita AlShareef: Ecco come ho lavorato sull’odio

«Una moschea, una sinagoga, una chiesa affiancate. Il futuro del Medio Oriente è questo. Negli Emirati Arabi Uniti sta succedendo».
Loay Alshareef pronuncia parole di pace e speranza. E il pubblico del Centro Ebraico Il Pitigliani di Roma lo applaude, conquistato dalla simpatia e dal calore del 42enne blogger saudita che da anni “combatte” online contro la delegittimazione di Israele nei paesi arabi e per creare ponti tra arabi ed ebrei. Battaglie spesso scomode. Anche rischiose? «Negli Emirati, dove vivo, no. C’è un forte senso di tolleranza ed è stato il primo stato islamico a inserire l’educazione alla Shoah nei programmi scolastici», racconta Alshareef. «Paradossalmente rischio in Europa, in Occidente».
Alshareef è ospite dell’Ucei in collaborazione con Il Pitigliani e risponde alle domande di Daniel Mosseri, il direttore di Pagine Ebraiche. Da giovane è stato un islamista radicale, sottolinea, cresciuto in un sistema educativo «in cui ci veniva insegnato che gli ebrei sono i nemici dell’Islam, che la cultura ebraica è una cultura della quale non fidarsi, che se un ebreo ci offre un bicchier d’acqua è perché vuole avvelenarci». Poi nel 2010 ha vissuto presso una famiglia ebraica a Parigi e la sua percezione è cambiata. Si è gradualmente interessato al mondo ebraico, ha superato con il tempo alcuni pregiudizi radicati e avviato «un percorso per superare alcune contraddizioni presenti nel Corano, dove sono espressi a volte concetti dispregiativi nei confronti degli ebrei così come dei cristiani, ma che sono da collocare nel loro contesto storico: è necessaria una transizione dalla lettura letterale del testo sacro a qualcosa di altro». Lui ci è riuscito, restando fedele alla sua religione, «e se ci sono riuscito io, considerando il modo in cui sono stato cresciuto e il fatto che fino all’età di 27 anni non ho mai incontrato un ebreo di persona, vuol dire che l’obiettivo è alla portata di tutti».
Servirà però uno sforzo educativo enorme, riconosce Alshareef. Il modello, sostiene, sono gli Emirati e tutti gli altri paesi che stanno cercando una via alternativa all’odio «attraverso gli accordi di Abramo: altri governi faranno quel passo al momento giusto, quando cioè la dolorosa guerra di Gaza sarà finita». E se è sacrosanto il diritto a una vita dignitosa per i palestinesi, per Alshareef prima di ogni considerazione su un loro possibile Stato indipendente è bene anteporre un ragionamento sulla leadership chiamata a rappresentarlo. Tale leadership dovrà per l’appunto «riconoscere Israele e volere una convivenza pacifica, perché abbiamo già visto a Gaza, da dove Israele è uscito nel 2005, cosa può essere uno Stato palestinese senza il rispetto di questi punti: Hamas va sconfitto». Dal pubblico è intervenuta la presidente Ucei Noemi Di Segni, dichiarando il proprio apprezzamento per le riflessioni e i messaggi del blogger arabo: «Il nostro sogno è che le tue parole arrivino alle persone con le quali dal 7 ottobre abbiamo provato a confrontarci, riscontrando spesso una sorta di blocco mentale: c’è un problema diffuso nel prendere atto della realtà».