ANTISEMITISMO – Indicazioni e denunce dal vertice di Gerusalemme

Si è concluso nei giorni scorsi a Gerusalemme un vertice internazionale sull’antisemitismo, organizzato presso il ministero degli esteri del governo israeliano. Israele ha quest’anno la presidenza di turno dell’Ihra. L’UCEI era rappresentata dal suo segretario generale.
Il primo giorno le principali autorità israeliane hanno portato il loro saluto, a cominciare dal primo ministro Benjamin Netanyahu che ha sottolineato il paradosso della pressione internazionale esercitata su Israele, mentre viene ignorato il ruolo e la responsabilità di Hamas: «Se passa l’idea che sia possibile sparare razzi sui civili e nascondersi tra i civili stessi, si concede di fatto l’immunità ai terroristi». Netanyahu ha parlato dell’attivazione del nuovo sistema per la consegna diretta degli aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza, bypassando Hamas, con l’obiettivo di evitare che gli aiuti vengano confiscati e rivenduti a prezzi esorbitanti per finanziare il terrorismo. Il primo ministro ha infine ribadito la necessità che la comunità internazionale denunci con maggiore decisione i crimini di guerra, come l’utilizzo di ospedali e infrastrutture civili a fini bellici.
Il presidente israeliano Isaac Herzog ha ricordato che «quando un regime chiede l’annientamento di Israele, va preso sul serio». Ha descritto Hamas come un movimento jihadista genocida, pilotato dall’Iran e ha ribadito l’urgenza di distinguere tra la popolazione civile palestinese, da proteggere, e i gruppi terroristici che la strumentalizzano. Herzog ha poi sottolineato l’importanza di garantire l’arrivo effettivo degli aiuti umanitari a Gaza.
Tal Shoam, ex ostaggio israeliano di Hamas, ha riferito dei mesi trascorsi al buio, senza cibo, condividendo una buca con altri due ostaggi per i bisogni fisiologici. Tal ha anche raccontato il momento dell’annuncio della sua liberazione, mentre i suoi due compagni restavano in quell’inferno. Il ricordo dei loro volti, ha confessato, lo tormenta ogni giorno.
Il secondo giorno del vertice ha dato voce anche ai rappresentanti internazionali, molti dei quali hanno evidenziato l’aumento dell’antisemitismo nei rispettivi paesi. Uriel Perugia, ha definito la seconda giornata dei lavori «un tavolo di lavoro costruttivo in cui, da una parte, i rappresentanti governativi hanno aggiornato sulle azioni portate avanti dai rispettivi paesi contro il pregiudizio e dell’altra si è dato spazio al quadro delle minacce che il mondo ebraico sta affrontando».
Il sottosegretario tedesco agli Esteri, Florian Hahn, ha parlato di un «preoccupante incremento» soprattutto negli ambienti universitari, dove l’odio diffuso online si riversa ormai nelle strade. L’uso dell’intelligenza artificiale, ha avvertito, sta accelerando la diffusione dei contenuti antisemiti».
Un allarme condiviso anche da Igor Taro, ministro degli Interni dell’Estonia, che ha definito il suo paese «un luogo sicuro per gli ebrei», ma ha espresso preoccupazione per una narrazione internazionale che tende a ignorare gli ostaggi e a minimizzare le vittime israeliane. Ha inoltre indicato i social media come strumenti potenti nella diffusione dell’odio, complici le difficoltà di controllo derivanti dalla loro natura transnazionale.
Il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha denunciato la «relativizzazione globale del pogrom del 7 ottobre» e ha criticato l’operato della Corte penale internazionale, accusata di seguire «un’agenda politica». Ha poi affermato che in Ungheria è inimmaginabile assistere a manifestazioni a favore di organizzazioni terroristiche, sostenendo che Budapest garantisce la sicurezza delle comunità ebraiche.
Nemanja Starovic, ministro serbo per l’Integrazione europea, ha invece definito l’antisemitismo in Serbia un fenomeno «importato» e ha parlato dell’impegno del suo paese nell’attuazione della Dichiarazione di Terezin, in particolare per quanto riguarda le restituzioni ai sopravvissuti della Shoah.
Sul fronte statunitense, il senatore James Lankford ha fatto eco alle critiche sul crescente antisemitismo nei campus universitari americani, facendo riferimento alle dure iniziative prese dal presidente Usa Donald Trump.
Un contributo critico è arrivato dal professor Uriya Shavit, direttore del Centro per lo Studio dell’Ebraismo Contemporaneo in Europa, che ha messo in dubbio la narrazione secondo cui l’antisemitismo aumenterebbe in reazione alle azioni militari israeliane. «Se l’aumento dell’antisemitismo è da mettere in relazione con il comportamento del governo israeliano, come spiegare le manifestazioni di odio, on line e off line, già dall’8 ottobre, prima ancora della risposta israeliana al pogrom del giorno prima?», ha domandato Shavit. «Dare per assodati certi assunti potrebbe essere fuorviante nell’ottica di un’analisi del fenomeno».
Di una maggiore consapevolezza strategica per affrontare l’antisemitismo ha parlato Sima Vaknin-Gil, vicepresidente dell’Isgap (Institute for the Study of Global Antisemitism and Policy). «Dopo aver adottato la definizione di antisemitismo dell’IHRA, dobbiamo implementarla. Non basta l’educazione, serve legislazione». Ha lanciato l’allarme sugli ingenti fondi investiti dal Qatar nel mondo accademico occidentale, denunciando «cambiamenti nei curricula» determinati da finanziamenti esterni. «Non è solo antisemitismo: è antidemocrazia», ha concluso.
In collegamento da remoto, il segretario di stato Usa, Marc Rubio, ha sottolineato l’importanza di rafforzare e ampliare gli Accordi di Abramo, come leva per la stabilizzazione regionale e il dialogo tra culture e religioni.

(Foto GPO – Kobi Gideon)