ISRAELE – Ampia offensiva contro l’Iran: «Fermare Teheran prima del punto di non ritorno»

Dopo anni di pianificazione, operazioni di intelligence e tentativi diplomatici rimasti senza esito, Israele ha lanciato nella notte, alle 3:00 del mattino locali, un massiccio attacco aereo contro l’Iran e le sue infrastrutture nucleari. L’operazione, denominata «Rising Lion», segna un punto di svolta nel lungo conflitto con il regime di Teheran. «Se non agiamo ora, semplicemente non saremo più qui», ha dichiarato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in un discorso televisivo all’alba, definendo l’azione militare «preventiva, precisa e inevitabile».
Colpiti impianti nucleari e vertici militari iraniani
Secondo le Forze di difesa israeliane (Idf), oltre 200 caccia hanno preso parte alla prima ondata di raid, colpendo circa 100 obiettivi in tutto il territorio iraniano. Tra i siti bombardati figurano gli impianti nucleari sotterranei di Natanz e Fordo, installazioni missilistiche, centri di comando e laboratori di ricerca. Le autorità israeliane hanno confermato l’eliminazione del comandante delle Guardie Rivoluzionarie, Hossein Salami, del capo di stato maggiore, Mohammad Bagheri, e di diversi scienziati coinvolti nel programma nucleare iraniano.
«Abbiamo decapitato il sistema di comando e neutralizzato le capacità di risposta immediata dell’Iran», ha dichiarato un alto ufficiale all’emittente Kan. «Ciò che Hezbollah ha subito in dieci giorni, l’Iran lo ha subito in dieci minuti».
Israele in stato d’allerta
Iil regime iraniano ha lanciato un centinaio di droni verso Israele, tutti intercettati. Il paese è in stato di allarme: l’aeroporto Ben Gurion è stato evacuato, lo spazio aereo chiuso e le scuole sospese in tutto il territorio. L’Home Front Command ha invitato i cittadini a prepararsi a più giorni di emergenza.
Il governo prevede un conflitto prolungato. «Potrebbe essere necessario trascorrere molto tempo nelle aree protette. Armatevi di pazienza», ha avvertito Netanyahu dalla base militare Kirya. L’establishment della difesa stima in almeno due settimane la durata del conflitto. Gli Stati Uniti, pur non direttamente coinvolti, forniranno supporto difensivo e – secondo fonti militari – «potrebbero unirsi agli attacchi» in caso di escalation.
La corsa iraniana all’atomica e la decisione di colpire
Israele ha motivato l’operazione con il raggiungimento da parte dell’Iran del cosiddetto «punto di non ritorno» nel programma nucleare. Teheran ha recentemente accelerato l’arricchimento dell’uranio al 60% — un livello vicino alla soglia militare — e stava per trasferire nuove centrifughe avanzate in un bunker sotterraneo a Natanz, considerato inaccessibile anche con bombe bunker buster.
L’annuncio dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che ha denunciato gravi violazioni iraniane al regime ispettivo, ha offerto a Israele quella che l’analista militare Ron Ben-Yishai ha definito «una finestra di legittimità politica». La decisione definitiva è stata presa da Netanyahu e dal ministro della Difesa, Israel Katz, a inizio settimana, in coordinamento con il capo di stato maggiore Eyal Zamir.
Coordinamento con Washington
Il governo israeliano ha chiarito che l’operazione è stata un’iniziativa indipendente, seppur condivisa preventivamente con gli Stati Uniti. Il presidente Usa Donald Trump ha convocato il Consiglio di sicurezza nazionale subito dopo l’attacco, sottolineando che Washington «non è coinvolta direttamente». Il segretario di Stato Marco Rubio ha ribadito che la priorità americana è la protezione del proprio personale nella regione e ha ammonito Teheran a non colpire interessi statunitensi.
«Non siete i nostri nemici»: l’appello al popolo iraniano
Nel suo discorso all’alba, Netanyahu ha rivolto un messaggio anche ai cittadini iraniani: «Non vi odiamo. Non siete i nostri nemici. Abbiamo un nemico comune: un regime tirannico che vi opprime e minaccia l’intera regione». Ha poi concluso: «Il giorno della vostra liberazione si avvicina. E quando arriverà, israeliani e iraniani potranno di nuovo costruire insieme un futuro di pace».