SOCIETÀ – Mezuzà digitale e problemi digestivi: come sopravvivere da ebrei nel 2025

In un’epoca in cui l’identità diventa spesso un bersaglio e l’appartenenza un esercizio di equilibrio, il Petit manuel du Juif moderne pour survivre en Europe (sans trop de bruit) ovvero il Piccolo manuale dell’ebreo moderno per sopravvivere in Europa (senza fare troppo rumore) è guida ironica e tagliente, un breviario di sopravvivenza che con leggerezza e intelligenza affronta una delle questioni più delicate del presente: come essere ebrei oggi in Europa senza attirare troppe attenzioni, senza doversi giustificare, senza rinunciare alla propria dignità. L’autore, sotto lo pseudonimo L’Étoile de David, non detta norme teologiche né offre una visione spirituale della questione; sceglie piuttosto il registro dell’umorismo per raccontare la fatica del quotidiano, la gestione dell’ambivalenza, la sottile arte del mimetismo culturale. E lo fa con uno stile che mescola l’assurdo al verosimile, il riso alla malinconia, offrendo un ritratto della condizione ebraica contemporanea buffo e profondamente inquietante.
Fin dalla prima riga, si intuisce il tono: un consiglio spassionato invita a dotarsi di una mezuzà amovibile – preferibilmente a ventosa – che possa essere rimossa con discrezione in caso di “emergenza ambientale”. Si prosegue con l’invito a sostituire la kippà con un berretto sportivo, magari griffato, in modo da passare inosservati sui mezzi pubblici. L’ironia è sottile, ma colpisce a fondo: suggerisce un adattamento continuo, una negoziazione silenziosa tra ciò che si è e ciò che si mostra, tra ciò che si crede e ciò che si deve camuffare. Lo Shabbat diventa un’esperienza di “mindfulness” da spiegare con linguaggio neutro, se interrogati, e la cucina kasher può essere tranquillamente raccontata come una scelta alimentare legata al benessere intestinale. Nel cuore del manuale prende forma un’idea tanto assurda quanto geniale: un’applicazione, “Kosher & Safe”, che non solo segnala i locali dove si può mangiare secondo precetto, ma avverte anche sulla presenza di eventuali tensioni antisemite nei dintorni. Un GPS identitario, dunque, che traduce la paura in dati, la prudenza in geolocalizzazione. Con lo stesso tono si affronta la questione spinosa dei dibattiti politici: come rispondere a chi chiede se sei “ebreo ma contro Israele, giusto?”, come destreggiarsi nei pranzi di lavoro dove l’inevitabile conversazione sulla Palestina fa capolino tra un calice e l’altro. L’autore suggerisce di mantenere un profilo ironico, rispondere con domande e fingere malintesi per difendersi con garbo da domande a trabocchetto e da giudizi preconfezionati. Ogni consiglio, dietro la facciata umoristica, cela una realtà dura: la necessità di essere sempre pronti, di avere una valigia virtuale nell’armadio e contatti fidati altrove, non per paranoia, ma per quella vigilanza che fa ormai parte della condizione ebraica in Europa. Nulla è esplicitamente tragico, ma ogni battuta vibra su una corda sottile, suggerendo che la leggerezza è spesso una forma di resistenza. Si ironizza sull’uso dell’humus – versatile e diplomatico, spalmabile ma anche simbolico – e si suggerisce addirittura una “mezuzà NFT” (ossia digitale) invisibile, immateriale, ma immutabile nella blockchain: un’icona del nostro tempo, che esiste senza esporsi, che protegge senza farsi notare. Alla fine, sotto il velo dell’ironia, resta la voce autentica di un uomo che ha vissuto abbastanza a lungo da sentire il peso della ripetizione storica, che ricorda un’infanzia serena in cui essere ebrei era un fatto privato, non un problema pubblico, e che ora si trova costretto a insegnare ai figli l’arte dell’invisibilità. Un testo che non grida, ma insinua, che non accusa, ma osserva con amarezza il ritorno di certe inquietudini che si speravano consegnate al passato. Con grazia e intelligenza, L’Étoile de David firma un manuale che è insieme burla e lamento, sorriso e allarme, e che alla fine ci lascia con una domanda sospesa: un’identità può davvero sopravvivere nel silenzio?