ISRAELE – Missile iraniano colpisce ospedale Soroka

Il presidio, simbolo di coesistenza fra ebrei e arabi, in prima linea il 7 ottobre 2023

Un neonato in terapia intensiva. Una madre al suo capezzale. Un medico che corre da un letto all’altro. Un anziano in una casa di cura.
«Ecco alcuni degli obiettivi degli attacchi missilistici iraniani contro i civili israeliani questa mattina», ha affermato il presidente d’Israele Isaac Herzog. C’è sgomento nel paese per le conseguenze del missile sparato dal regime sull’ospedale Soroka di Beer Sheva, una delle principali strutture ospedaliere d’Israele, punto di riferimento per tutta l’area del Negev e già in prima linea nel portare soccorso alle vittime del 7 ottobre. Beer Sheva e Gaza distano poche decine di chilometri. Nel “sabato nero” dell’ottobre 2023 e nelle settimane successive i chirurghi, le infermiere, tutto il personale sanitario del Soroka, ebrei e arabi, e tra loro numerosi beduini, comunità storicamente radicata nel territorio, sono stati mobilitati senza riposo. E hanno affrontato l’emergenza innescata dai massacri di Hamas, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Iron Dome sanitario”. Oggi purtroppo il vero Iron Dome, il sistema antimissile in dotazione a Gerusalemme, non è stato in grado di intercettare l’ordigno sparato da Teheran.
L’attacco iraniano al Soroka ha provocato ingenti danni alla struttura e varie decine di feriti, alcuni in modo grave. «Stamattina gli occhi del mondo intero dovrebbero essere puntati sull’ospedale Soroka di Beer Sheva per capire cosa significhi davvero un crimine di guerra», ha dichiarato il presidente dell’Associazione medica israeliana Zion Hagay. «Mentre Israele mira a obiettivi di sicurezza, gli iraniani sparano deliberatamente contro i centri abitati per danneggiare il maggior numero possibile di civili. È solo grazie alla preparazione dell’ospedale che è stato evitato un disastro molto più grave». Inaugurato nel 1959, il Soroka è una delle eccellenze del sistema sanitario israeliano. Ha circa 1200 posti letto. Nel 2004 a beneficiare dei suoi servizi fu tra gli altri Yahya Sinwar, futuro leader di Hamas e architetto del 7 ottobre, allora “ospite” delle carceri israeliane, al quale fu rimosso un tumore al cervello. Quando Sinwar fu scarcerato insieme a oltre mille terroristi di Hamas in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, prigioniero per anni a Gaza, Sinwar promise a colui che gli aveva diagnosticato per tempo il male, il medico Yuval Bitton, allora responsabile della clinica dentale della prigione, che avrebbe fatto di tutto per ripagarlo. Il 7 ottobre Hamas ha ucciso un suo nipote nel kibbutz Nir Oz.

a.s.