LA TESTIMONIANZA – Tel Aviv, l’università danneggiata «e il silenzio dei miei colleghi italiani»

«Ormai dal poco sonno non distinguo più il giorno dalla notte…». Prova a sorridere Tamar Herzig, studiosa israeliana specializzata in storia del Rinascimento, docente alla Tel Aviv University. Un missile è caduto ad alcune centinaia di metri dal campus dell’ateneo, provocando danni ad alcune strutture per via delle onde d’urto causate dall’esplosione. C’è anche questo nel conto della rappresaglia di Teheran, che negli scorsi giorni aveva già colpito un’eccellenza del sapere israeliano: l’istituto Weizmann di Rehovot.
Herzig è molto spesso in Italia, un paese che ha nel cuore e dove tiene regolarmente lezioni e conferenze. «Colpisce purtroppo il silenzio assordante di tanti colleghi italiani che ritenevo amici», sottolinea la studiosa, che vive nella città di Ra’anana a nord di Tel Aviv. «Qui per fortuna è successo poco rispetto a Tel Aviv. Ma le esplosioni che sentiamo in lontananza, in quell’area, fanno spavento: sono più forti, molto più intense, di qualunque scenario bellico precedente». La didattica in presenza è inevitabilmente sospesa dal giorno dell’inizio del conflitto aperto tra Israele e il regime degli ayatollah: «Si va avanti con zoom, nei limiti del possibile. Anche perché molti studenti non hanno una abitazione in cui stare e nei rifugi il wifi in genere non funziona. Mercoledì scorso stavo tenendo un seminario per dottorandi, ma prima che potessi concluderlo è suonato l’allarme. E non ho potuto fare altro che interromperlo, chiudere il tutto all’istante».
Alla Tel Aviv University i danni sono nell’ordine di porte e finestre divelte, vetri in pezzi. Peggio è andata ai palazzi nelle vicinanze, «in molti casi distrutti e in particolare quelli più vecchi; per fortuna non ci sono al momento vittime, anche perché ormai la nostra preparazione alle emergenze è stata rodata da mesi di esperienza: 10-15 minuti prima dell’arrivo della minaccia, un sistema di messaggistica ci avvisa dei missili e abbiamo quindi il tempo per spostarci nei rifugi».  È un tempo difficile, un tempo di resilienza. L’ha ricordato anche il rettore della Tel Aviv University, Mark Shtaif, in un messaggio rivolto alla “comunità universitaria” nel suo insieme. E quindi a professori, studenti, personale dipendente. «È in momenti difficili come questo che la forza di una comunità viene testata», scrive Shtaif. «Sono fiducioso nel fatto che continueremo ad agire per la reciproca comprensione e solidarietà e in uno spirito di responsabilità condivisa».

a.s.