OSTAGGI – Ilan Weiss, colonna di Be’eri

Ilan Weiss, 56 anni, si era unito al kibbutz Be’eri nel 1992. Era il primo “bambach” – giovane esterno che svolge un anno di lavoro nel kibbutz dopo il servizio militare – e si era subito innamorato della vita comunitaria. Lì aveva conosciuto Shiri, che lavorava nel settore educativo. Tre anni dopo si erano sposati. I genitori di lei lo avevano accolto come un figlio. Ilan, orfano di madre adottiva e con un padre sopravvissuto alla Shoah, aveva trovato in quella nuova famiglia la sua casa. Nel tempo erano nate tre figlie: Meital, Maayan e Noga. Con loro, Ilan era un padre amorevole, presente, affidabile. «Ci sentivamo libere di chiedergli qualunque cosa, su qualunque tema», ha raccontato Meital ad Haaretz. Il padre amava stare con la famiglia, ascoltare musica – in particolare il country – e coltivare il giardino di casa, dove si sedeva ogni sera a bere una birra dopo il lavoro. E amava molto il suo cane, Ketem (macchia): «È il figlio maschio che hai mai avuto», scherzavano con lui le figlie.
Weiss aveva fatto di tutto nel kibbutz: dall’agricoltura alla sicurezza, dalla gestione dei ricambi dell’officina alla direzione del settore infrastrutture. Era stato rabhatz (capo della sicurezza) e vicecapo del team emergenze. Conosceva ogni impianto del kibbutz, ogni tubo e cavo elettrico, ogni cancello, ricordano gli amici.
Quando il 7 ottobre 2023 Be’eri è stato preso d’assalto da Hamas, Ilan si è unito alla squadra di difesa per respingere i terroristi. Alle 7.15 ha salutato la moglie ed è uscito di casa. Era un addio, e nessuno in famiglia poteva immaginarlo. Weiss è stato assassinato dopo aver aperto l’armeria ai compagni del kibbutz. Il suo corpo è stato sequestrato e da 635 giorni si trova a Gaza.
Mentre Ilan veniva assassinato, la moglie Shiri e la figlia più giovane, Noga, erano state rapite dalla loro casa. Gli uomini di Hamas avevano fatto irruzione, appiccando il fuoco e sequestrando per prima Shiri. Noga, 18 anni, si era nascosta sotto il letto della stanza di sicurezza. Da lì ha assistito al rapimento della madre e ha iniziato a mandare messaggi alle sorelle e ai parenti, avvisando che l’abitazione stava bruciando. Con il fumo sempre più denso, dopo aver resistito per quaranta minuti, Noga è fuggita dalla finestra del rifugio, cercando di nascondersi dai terroristi. Pochi minuti dopo è stata scoperta e sequestrata. «Ha fatto in tempo ad inviarci la sua posizione. Abbiamo visto in diretta come lei e la mamma venivano portate verso Gaza», ha raccontato Meytal. Lei e l’altra sorella Maayan sono riuscite a salvarsi, rimanendo per 14 ore nascoste nel quartiere dei giovani di Be’eri. Quando sono arrivate a casa dei genitori, non hanno trovato nessuno, se non il corpo di Ketem: il cane, tanto amato da Ilan, era stato subito ucciso dai terroristi.
Noga e Shiri sono rimaste per 50 giorni nelle mani di Hamas. Durante la prigionia, Noga in preda al terrore ha dovuto gestire le avance di uno dei suoi aguzzini. Un giorno le si è avvicinato con un anello e le ha detto che, anche quando tutti gli altri ostaggi fossero stati liberati, lei sarebbe rimasta e l’avrebbe sposato. «Mi ha detto che sarei stata la madre dei suoi figli», ha raccontato Noga. «È stato spaventoso… per due settimane me lo ha ripetuto praticamente ogni momento». Poi la giovane è stata inserita nel primo accordo tra Israele e Hamas, venendo liberata assieme alla madre. Al loro ritorno a casa, le due hanno scoperto che Ilan era dato per disperso. Solo il 1 gennaio 2024 è arrivata la conferma della sua uccisione. Da allora la famiglia si batte per riavere la sua salma e poter celebrare il funerale. «Una tomba non è un privilegio, è un requisito necessario per poter iniziare a guarire», ha sottolineato Meytal.