7 OTTOBRE – Il documentario per Oriya

«Mi sono guadagnato tutti i capelli bianchi che ho in testa. Mi hai messo alla prova nella scuola della vita. Non ricordo una sola volta in cui mi hai ascoltato. Ma vorrei che fossi qui ora» ricordava Eran Littman nel giorno dell’ultimo saluto a sua figlia Oriya, 26 anni, assassinata dai terroristi di Hamas il 7 ottobre mentre cercava di fuggire dal festival musicale Nova.
Dal giorno in cui ha detto addio a sua figlia, Eran ha deciso di mantenerne viva la memoria. Ha rintracciato il luogo in cui è stata uccisa, sotto un albero di eucalipto, e vi ha costruito un piccolo memoriale: una panchina, un’insegna e un nome — “L’Albero di Oriya”.
«Credo che questo sia il luogo più giusto per ricordarla», spiega nel documentario che ha realizzato insieme ad amici e volontari. Il film, sottotitolato ora anche in italiano, racconta non solo gli ultimi momenti di Oriya, ma anche chi era: una giovane donna piena di energia, vicina alla famiglia, amante della vita.
Nel video, il racconto si apre con una registrazione autentica. È la voce di Oriya, poco prima della fine, mentre al telefono cerca aiuto da parte della polizia:
«Siamo nel mezzo dell’attacco, siamo bloccate da 40 minuti. Vi abbiamo inviato la nostra posizione già 20mila volte, e finora niente». «Dove siete in questo momento?».
«Ci sparano qui, stiamo per morire e nessuno viene ad aiutarci. Abbiamo già scritto messaggi di addio alle persone. Dove siete? Dove siete? Dove siete? Aiutatemi!».
Nessuno è andato ad aiutare Oriya, ha ricordato in molte apparizioni pubbliche il padre. «Uno dei tanti esempi del fallimento del nostro paese quel giorno». E per mettere in luce le responsabilità di quella tragedia, Littman è anche tra coloro che chiedono a gran voce la creazione di una commissione statale indipendente per indagare sul 7 ottobre.