DAL RIFUGIO – Renzo Ventura: Il “bonus Shoah” è finito

L’altra sera un aereo della EL AL mi ha “riportato a casa”, così come letteralmente comunicato dal pilota all’inizio del volo.
Non nego che l’annuncio, così come formulato, abbia provocato un certo effetto e un forte applauso dei passeggeri. Era un volo diverso dagli altri, era un volo che avveniva dopo la minaccia di distruzione dello Stato di Israele, che invece sfilava ancora sotto i nostri occhi.
Nell’ultima mezz’ora, in vista della costa che ti fa dimenticare cosa hai lasciato dietro di te, pensieri di ogni tipo hanno impegnato la mente. A Milano, in pochi giorni, hanno picchiato due ragazzi ebrei, hanno attaccato manifesti contro gli israeliani non più accettati, e così via.
Antisionismo? No, antisemitismo.
Allo stato puro.
I passeggeri, nel mentre l’aereo si abbassava sempre più sul nostro piccolo Stato, guardavano tutti fuori dai finestrini, quasi volessero inconsapevolmente aiutare il pilota nell’individuare a occhio eventuali oggetti volanti nemici.
Si tornava a casa.
E a casa, dopo un’ora, gli Houthi dallo Yemen subito salutavano il mio rientro con il lancio di un missile sui civili, che mi ha costretto a entrare nel rifugio. Per non dimenticare, ma solo noi, perché sugli organi di stampa, il giorno dopo, neanche una breve: non ne siamo degni. Ma che vogliono da me? Mi sono chiesto, ma che c’entrano loro che stanno a più di mille chilometri di distanza?
Ed ecco che la stanza rifugio, ormai, col passare dei mesi si è trasformata in un pensatoio, quel luogo in cui le idee si accavallano, in attesa della fine dell’allarme.
In Italia mi era stato detto che l’antisemitismo era grandemente cresciuto, che mai si era avvertito negli ultimi anni un pericolo cosi forte, cosi elevato, che prima si poteva stare tranquilli, adesso no. Qualcuno mi ha detto anche che il fenomeno era cresciuto per colpa di Israele, che da vittima era divenuto carnefice, e dunque gli ebrei diasporici avrebbero dovuto schierarsi subito contro Israele, uscire dai ghetti, sic!, se volevano essere tenuti fuori dalle colpe, prendendo una posizione netta contro i propri fratelli assassini, così come taluno aveva già fatto, anche in Italia, anche a Milano, per ingraziarsi la vicinanza del mondo e stare dalla parte “giusta”, nella valutazione dei fatti e “secondo il diritto internazionale”.
Ma è così che nel silenzio della stanza rifugio mi sono convinto sempre di più di una mia teoria.
L’antisemitismo in Italia esiste da sempre: storicamente, per secoli, dalla chiesa in giù.
Con la Shoah questo si era soltanto nascosto: infatti dopo una tragedia mondiale, quale quella della Shoah, nessuno aveva il coraggio di esprimere ancora qualche pensiero in pubblico contro gli ebrei. Era stata fatta una cosa troppo grossa, inenarrabile.
E così gli ebrei in questi decenni, stranamente, andavano sempre più di moda, per il mangiare, per la cultura, per il cinema, per la musica. Andavano di moda, sinceramente, più gli ebrei morti, i più amati in assoluto, con il loro ricordo in infiniti convegni della memoria, ma anche e soprattutto in incontri interreligiosi, destinati a render note cose sconosciute e a mostrare, attraverso i musei ebraici, scene di vita altrimenti totalmente ignote ai più.
Ed ecco, però, che si arriva al famigerato 7 ottobre e all’attacco per distruggere Israele.
L’effetto vicinanza e comprensione del mondo verso Israele dura poco, perché la risposta dello stato ebraico è forte, mirando alla salvaguardia dell’esistenza di un popolo.
Comincia ricorrente l’uso delle parole genocidio, crimini di guerra, omicidi indiscriminati di bambini, riduzione alla fame e quant’altro, a carico di Israele, con un esercito non più di popolo, ma composto da truppe naziste, da belve e aguzzini, comandato da assassini il cui leader è Netanyahu.
Altro che civiltà, tutto il peggio dei peggio, vero o verosimile che sia.
Anche il falso diventa vero o comunque è creduto tale.
Passano i giorni e poi il passo è brevissimo: voi, ebrei, fate oggi quello di cui siete stati vittime. I palestinesi sono loro i veri ebrei, voi gli assassini.
Qui oggi termina la Shoah, qui finisce il bonus che avevate, oggi siete come gli altri, peggio degli altri, meritate tutto il male, tutti, tutto il popolo, diaspora compresa.
Ed è cosi che quell’antisemitismo, che era stato soffocato e tappato per tanti anni, riesce fuori allo stato puro. Oggi giustificato. E ancora di moda, come ai bei tempi.
Non se ne era andato, non era calato negli anni, era solo nascosto e non era accettata dalle coscienze del mondo la sua esistenza. Vietato parlarne.
Oggi non è più così, e Israele altro non rappresenta che il solito singolo ebreo in mezzo a tutti gli stati del mondo .
Ma la solitudine del rifugio comporta anche il riesame di tante certezze.
Ed ecco ripensare allora ai bambini palestinesi, che nessuno oggi così ricorda, poveretti davvero, educati a mitra e uniformi, che studiano l’odio allo stato puro, che dormono accanto a depositi di armi, con un tunnel sotterraneo che inizia accanto al comodino, che saltano per aria insieme ai terroristi, sacrificati alla guerra. E magari con una copia del Mein Kampf sulla mensola di casa. Gli anni passano, e i ricordi sbiadiscono.
Si pensa sempre all’Iran che ci vuole fuori dal mondo, all’Onu, ai suoi comportamenti, alle ingiustizie, alle false narrazioni delle nostre tv.
Questi sono i pensieri da stanza rifugio: quella stanza dove il ricordo e la memoria non si affievoliscono, anzi si esaltano in piccoli flash. Ma, sbaglio o era già accaduto e tutti dicevano: mai più! E le giornate della memoria? Oggi mi sembrano un successone, gran risultato! Grazie per le condoglianze.
All’uscita dal rifugio accendo la tv italiana. Urla concitato a tutta l’Italia, e insegna tal Di Battista: parla di ebrei, disprezza il popolo eletto, sottolineando il termine ”eletto”, Israele e quant’altro, gioca con le parole. Urla, è inferocito.
Non ho ben capito che cosa vorrebbe fare di me, forse per lui dovrei rientrare per sempre nella stanza rifugio, sono un assassino.
Dimentica che sta difendendo, lui tra gli altri, anche i tagliatori di teste del 7 ottobre.
Questa volta non ci sto, non rientro per lui nel rifugio, resto fuori, voglio vivere e difendere la civiltà contro la barbarie.


Renzo Ventura, Gerusalemme