ROMA – La viceministra Haskel: Italia tra i paesi più vicini a Israele

Il governo italiano? «Uno dei più vicini a Israele, hanno capito perfettamente la situazione e per questo li ringrazio».
Sharren Haskel è la viceministra israeliana degli Esteri. È di ritorno in Israele dopo una tre giorni a Roma nel corso della quale ha incontrato ministri, parlamentari, esponenti della maggioranza e di parte dell’opposizione, rappresentanti del mondo ebraico e dell’associazionismo. Una missione proficua, fa capire incontrando alcuni giornalisti nella sede della missione israeliana, affiancata dall’ambasciatore Jonathan Peled. Haskel ha risposto a domande su vari temi, a partire dal recente conflitto dei “12 giorni” con l’Iran e dai negoziati per una tregua a Gaza e per il rilascio di parte degli ostaggi. La viceministra ha rivendicato «il grande successo» dell’operazione in Iran, che avrebbe riportato il progetto nucleare di Teheran indietro di almeno due anni. «Si apre per tutti una grande opportunità», ha dichiarato. «Ed è il momento che emergano delle leadership in grado di stabilizzare la situazione in Medio Oriente». Stabilità della quale il regime degli ayatollah «è il più grande nemico, come si vede nella guerra che stiamo combattendo da quasi due anni con i suoi proxies». L’Iran è un pericolo globale, ha proseguito la viceministra, «perché ha tentacoli in tutto il mondo, è infiltrato in Europa e in America Latina: noi siamo in prima linea». Israele «non ha avuto alternative», ha spiegato. «Negli ultimi mesi il regime ha impresso un’accelerazione drammatica sia rispetto al programma nucleare, sia alla produzione di missili balistici; quando il regime grida “morte a Israele!” sappiamo bene cosa intende e non possiamo permetterlo».

Per quanto riguarda i negoziati in corso a Doha, la viceministra ha affermato che «Israele ha sempre detto sì, facendo molte concessioni, perché la nostra priorità è riportare gli ostaggi a casa». Hamas invece «ha sempre rifiutato, ponendo condizioni inaccettabili: non possiamo permettere che riprende il controllo della distribuzione degli aiuti umanitari». È un punto non negoziabile, ha ribadito, «e malgrado ciò siamo ancora a Doha perché vogliamo un accordo». Sul “day after” per Gaza, quando la guerra sarà finita, «stiamo dialogando con alcuni paesi arabi, che concordano con noi sul fatto che Hamas non possa più avere un ruolo: una delle ipotesi in campo è un controllo internazionale con il coinvolgimento di alcuni di questi paesi». È ancora attuale soluzione “Due popoli, due stati?”. Haskel ha espresso un no netto, sostenendo che chi la avalla in questo momento storico (il riferimento era al presidente francese Emmanuel Macron) «sta di fatto chiedendo di arrenderci ad Hamas, perché la festa nazionale di quello Stato diventerebbe il 7 ottobre».
La situazione nei Territori è spesso incandescente. Haskel ha condannato le violenze di alcuni “giovani delle colline” che di recente hanno attaccato anche soldati dell’esercito israeliano, sostenendo comunque che si tratta di episodi «non così frequenti, certo non su base quotidiana». E in ogni caso, ha aggiunto, «la giustizia farà il suo corso, abbiamo un sistema molto solido che non fa differenza a seconda dell’identità degli imputati: ebrei, musulmani, cristiani è lo stesso per tutti». La viceministra si è poi detta ottimista sul futuro degli Accordi di Abramo: «Altri paesi vorrebbero entrare a farne parte». E anche sulla tenuta dell’economia israeliana: «Siamo di fatto in una nuova guerra d’indipendenza, sottoposti a una minaccia esistenziale; ciò nonostante, anche a livello economico, stiamo mostrando la nostra resilienza».

L’obiettivo è rafforzare le relazioni con l’Italia in vari ambiti, promuovendo ricerca e sviluppo. Haskel ne ha parlato con Anna Maria Bernini, la ministra italiana dell’Università e della Ricerca. Haskel ha posto l’accento con preoccupazione sulla crescente influenza del movimento Bds nel sistema universitario. «Boicottando Israele, perdono tutti», ha sostenuto. «Il Bds è un movimento estremista che punta a distruggere la possibilità di un futuro migliore, anche per i palestinesi. Nelle aziende prese di mira dal Bds, ad esempio SodaStream, ebrei e arabi lavorano fianco a fianco, si conoscono e vanno ai matrimoni e alle feste l’uno dell’altro».

Adam Smulevich