ISRAELE – Netanyahu conferma: «20 ostaggi ancora in vita, accordo vicino»

Sono 20 su 50 gli ostaggi ancora in vita a Gaza. Il numero, nonostante l’aggravarsi delle loro condizioni, non è cambiato. Lo ha confermato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un’intervista rilasciata all’emittente americana Newsmax. Nel colloquio, Netanyahu ha parlato degli attuali negoziati con Hamas, che dovrebbero portare al rilascio di 10 ostaggi vivi e 18 salme in cambio di 60 giorni di tregua. Nelle mani dei terroristi rimarrebbero così «10 ostaggi vivi e circa 12 morti. Ma tirerò fuori anche loro. Spero che potremo concludere tutto in pochi giorni», ha dichiarato il premier.
Le sue parole hanno chiuso una missione diplomatica di cinque giorni a Washington, durante la quale ha incontrato per due volte il presidente statunitense Donald Trump. Il rientro in Israele di Netanyahu è coinciso con la pubblicazione di una vasta inchiesta del New York Times che ricostruisce nel dettaglio le sue decisioni dalla mattina del 7 ottobre in avanti. Il risultato è un ritratto molto critico: il capo del governo israeliano viene accusato di aver anteposto la propria sopravvivenza politica alle possibilità di una tregua.
Secondo l’inchiesta, Netanyahu avrebbe fatto saltare più volte accordi già pronti per il rilascio degli ostaggi, temendo che l’estrema destra della sua coalizione potesse far cadere l’esecutivo. Avrebbe poi minimizzato le proprie responsabilità nei fallimenti dei servizi di sicurezza e, in alcuni casi, cercato di manipolare documenti ufficiali per orientare a proprio favore l’opinione pubblica. «È impossibile dire che Netanyahu abbia preso tutte le decisioni solo per interesse personale», scrivono gli autori, «ma è innegabile che la prosecuzione della guerra abbia coinciso, più volte, con i momenti in cui il suo potere era più a rischio».
Ora, dopo 644 giorni di conflitto, si intravede una possibile svolta. «I messaggi sembrano diversi da quelli che sentiamo di solito. Il primo ministro dice che, nel momento in cui l’accordo sarà attuato, entreremo nei binari che porteranno alla fine della guerra», ha sottolineato all’emittente Kan Anat Angrest, madre di Matan, soldato sequestrato il 7 ottobre 2023. Nei giorni scorsi l’esercito le ha consegnato una borsa con alcuni oggetti personali del figlio. «Lo zaino di Matan mi è stato restituito in una sacca nera. Quando tornerà Matan? Perché devo continuare a ricevere oggetti che testimoniano la sua condizione invece di riavere mio figlio?», ha chiesto con amarezza, ricordando che per il momento il figlio è ancora vivo, ma in condizioni molto difficili. «L’intero paese sta aspettando il momento della tregua. Non bisogna più ritardare, non bisogna più temporeggiare, non bisogna perdere questa finestra di opportunità. Ciò che si fa in 60 giorni si può fare anche in dieci». Al governo Anat chiede una scelta chiara: «Accorciare i tempi e riportare tutti a casa in un unico accordo. I 50 rapiti: credo che questo sia il sogno di Israele».
«Finché gli ostaggi restano nei tunnel, Israele non potrà parlare né di vittoria né di stabilità», conferma l’analista militare Ron Ben-Yishai in una riflessione su Ynet, dove sottolinea come la conclusione di un’intesa potrebbe aprire per Israele uno scenario completamente nuovo anche sul piano regionale. Secondo Ben-Yishai, il raggiungimento di un accordo potrebbe riattivare il processo di normalizzazione con l’Arabia Saudita e altri paesi sunniti moderati, oltre a rafforzare la cooperazione con gli Stati Uniti su questioni strategiche come la deterrenza contro l’Iran e la ricostruzione di Gaza. In prospettiva, potrebbe riaprire uno spiraglio verso un dialogo regionale più ampio sul conflitto israelo-palestinese, a condizione che si trovi una soluzione politica per il governo post-Hamas nella Striscia. Per l’analista però Netanyahu dovrebbe rivedere le sue posizioni e fare a meno delle voci più estremiste all’interno della sua coalizione.