UNIVERSITÀ – L’appello dei docenti contro il boicottaggio di Israele: «Disastro politico, umano e morale»

«Sono già pervenute quasi 2mila adesioni, ma altre centinaia sono in arrivo nelle prossime ore. È un segnale molto importante».
Lo psicanalista David Meghnagi, già coordinatore del Master in Didattica della Shoah all’Università di Roma Tre, è uno dei sei accademici promotori di un appello “contro il boicottaggio delle università israeliane e contro l’antisemitismo negli atenei italiani”, rivolto in prima istanza alla ministra dell’Università e della Ricerca e alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (Crui). Nell’appello si denunciano con allarme «le mozioni di boicottaggio promosse in alcuni atenei contro università e istituti di ricerca israeliani e il loro corpo docente, di ricerca e studentesco», citando vari episodi avvenuti in questi mesi. Tali iniziative, si legge, «anche quando non consapevolmente antisemite, non solo contrastano con la vocazione dell’università e della ricerca, che devono restare spazi di libertà, confronto critico e cooperazione internazionale, ma contribuiscono anche a portare in superficie forme di antisemitismo latente». Secondo Meghnagi, interpellato da Pagine Ebraiche, è un tema sul quale la Crui «deve pronunciarsi in modo netto, perché il boicottaggio delle università israeliane è un disastro politico, umano, morale». Morale anche perché, ricorda Meghnagi, le università israeliane «sono in parte figlie della tragedia della persecuzione fascista: molti docenti italiani allontanati dall’insegnamento con la promulgazione delle leggi razziste del ’38 hanno plasmato e rinnovato diverse aree della ricerca israeliana». Fu un gruppo percentualmente molto rilevante, il secondo in assoluto dopo quello tedesco. «Va aperta una riflessione morale su quello che sta accadendo»; incalza Meghnagi. «facendo notare che i nipoti di coloro che allora si sono voltati dall’altra parte, permettendo il suicidio dell’università italiana, partecipano ora al boicottaggio dei nipoti di quanti furono allora perseguitati». È poi inquietante, aggiunge Meghnagi, «che tutto questo avvenga ad appena sette anni distanza dalla “cerimonia del ricordo e delle scuse” durante la quale le università italiane riunite a Pisa affrontarono insieme quel tema, dopo aver aspettato 80 anni». Gli atenei israeliani possono fare qualcosa per contrastare la deriva in atto? A detta dello studioso, «le università israeliane sono portatrici di un messaggio prezioso, anche in questo difficile periodo, continuando a preservare il valore della convivenza tra diverse componenti culturali e religiose». La sua speranza è che voci arabe e islamiche si facciano sentire in ambito accademico a difesa degli stessi valori. «Spero si pronuncino molto più di adesso, perché sarebbe la premessa per creare le condizioni culturali per uscire dalla tragedia in cui vive il vicino Oriente», sostiene Meghnagi. «Non siamo decisori politici, ma docenti. E come docenti il nostro compito è fornire delle buone pratiche e alimentare l’empatia». In quest’ottica, conclude, «anche psicologi e psicanalisti italiani hanno perso finora un’occasione, partecipando a una deriva del pensiero».

a.s.

(Nell’immagine: il cortile del Palazzo della Sapienza di Pisa, dove nel 2018 si tenne la cerimonia “delle scuse e del ricordo” a 80 anni dalla cacciata di docenti e studenti ebrei dagli atenei italiani)