ISRAELE – I partiti religiosi in rotta con il governo. Bibi vacilla ma il calendario è con lui

No, il governo di Benjamin Netanyahu non sta per cadere. Ma l’uscita del partito haredi Yahadut HaTorah, seguita ora dalla possibile defezione di Shas, complica la tenuta di una maggioranza già sotto pressione per la guerra a Gaza e per le tensioni interne legate. Il partito haredi ashkenazita, composto dalle fazioni Degel HaTorah e Agudat Yisrael, ha annunciato lunedì sera l’uscita dal governo dopo aver ricevuto la bozza della legge sul servizio militare, giudicata inaccettabile dai leader religiosi e contraria agli impegni presi da Netanyahu. Le lettere di dimissioni dei sette parlamentari di Yahadut HaTorah sono state presentate e diventeranno effettive entro la mezzanotte di mercoledì, lasciando al primo ministro un margine di 48 ore per trovare un compromesso.
Nel frattempo, anche Shas, l’altro partito ha annunciato una “discussione cruciale” sulla permanenza nel governo. Secondo la stampa israeliana, una decisione definitiva potrebbe arrivare nel fine settimana. Se anche il partito guidato da Aryeh Deri dovesse uscire, la maggioranza si ridurrebbe da 61 a 50 seggi, trasformando di fatto l’esecutivo in un governo di minoranza.
La proposta Edelstein
Il punto critico resta la normativa sull’esenzione dal servizio militare. La proposta avanzata da Yuli Edelstein, presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa, introduce una serie di misure che i partiti religiosi considerano inaccettabili. Tra queste, l’obbligo per gli studenti delle yeshivot di completare comunque l’intero iter previsto per l’arruolamento – visite mediche, colloqui e assegnazione di un profilo militare – prima di poter ottenere l’esenzione. Un cambiamento sostanziale rispetto al sistema precedente, che garantiva un’esclusione diretta per chi studiava a tempo pieno. A questo si aggiungono la registrazione obbligatoria tramite impronta digitale per monitorare la presenza in yeshiva e sanzioni più severe per i renitenti. Fonti vicine a Edelstein confermano che il deputato del Likud non è disposto a ulteriori concessioni. “Non approverò una legge sull’evasione, solo una legge sull’arruolamento”, avrebbe dichiarato il parlamentare, secondo quanto riporta Kan. Una linea dura che lo pone in rotta di collisione con i partiti haredi.
Sulle colonne di Makor Rishon il giornalista di affari religiosi Akiva Weiss segnala come nel Likud ci sia un certo pessimismo: è difficile che si arrivi a un’intesa nelle prossime 48 ore. Il timore nella coalizione è che Edelstein non intenda cedere su nessun punto chiave. Di fronte a questo scenario, Netanyahu potrebbe trovarsi costretto a navigare per settimane con un governo di minoranza. Una possibilità concreta, se i partiti haredi si limiteranno a uscire dal governo senza unirsi formalmente all’opposizione.
La sospensione estiva
I tempi parlamentari giocano però a favore del primo ministro. Tra otto giorni inizierà la pausa estiva della Knesset, della durata di tre mesi. In questo periodo non ci saranno votazioni e Netanyahu non dovrà dimostrare di avere la maggioranza. Un tempo di “silenzio istituzionale” che potrebbe essere sfruttato per rinegoziare la legge, allentare la tensione interna e provare a far rientrare Yahadut HaTorah e Shas nella coalizione.
L’ipotesi di uno scioglimento della Knesset con il sostegno dei partiti haredi è invece remota, almeno per il momento. Per ottenerla servirebbe il voto favorevole di almeno 61 deputati e un’iniziativa condivisa con l’opposizione, uno scenario che Degel HaTorah e Agudat Yisrael preferiscono evitare. Come sottolinea ancora Weiss, un ritorno alle urne per i partiti haredi potrebbe significare restare fuori dal prossimo governo e trovarsi a fronteggiare dall’opposizione una nuova normativa sulla leva obbligatoria. Una legge che, se approvata da una maggioranza alternativa scontenterebbe il mondo haredi. I sondaggi mostrano che un’ampia maggioranza degli israeliani chiede un provvedimento per aumentare il coinvolgimento degli studenti di yeshiva nel servizio militare.