SHIRIM – I nostri fiori (Ariel Viterbo)

Non è triste l’odore
della frutta che muore
a togliere il sorriso
è il tempo svanito.

Per piangere di meno
fermiamo gli orologi
ma la goccia scava
anche la pietra.

Di ora in ora
appassiscono
i nostri fiori
chiedendo perdono
per non essere eterni.

Per Shirim ancora uno splendido testo di Ariel Viterbo tratto dalla raccolta Senza fretta (Pasquale Gnasso ed.2025).
Il poeta guarda con occhio triste alla caducità delle cose del mondo. Ma non è pur questa, nei suoi silenzi, nelle marcescenze, a suscitare il pianto, a sgretolare la pietra.
Giacciono i frutti ancora belli, al culmine della dolcezza. Greve alberga in essi la fine.
Dilaniano i tramonti le corolle dorate, leste a inasprirsi, a finire decapitate nel vento. Altre, recise, annaspano vinte nei calici ciechi.
S’increspano gli echi, gli occhi di antichi mattini. Scorrono, non viste, le ore. Secerne il verme il frutto snervato.
Chi guarderà la rosa al settimo giorno?
Le guance sdrucite adombrano mute l’oscuro, indicibile sogno.

Shirim è a cura di Mariateresa Amabile, poetessa e docente di Diritti Antichi all’Università di Salerno