GERMANIA – Il Consiglio degli ebrei tedeschi compie 75 anni

Era il 19 luglio 1950 quando, a Francoforte sul Meno, nacque il Consiglio centrale degli ebrei in Germania. Un atto fondativo che, a soli cinque anni dalla fine della Shoah, suonava come una sfida tanto alla storia recente della Germania quanto al mondo ebraico stesso. Sfida a un paese che i nazisti avevano dichiarato «judenrein», privo di ebrei. Sfida al Congresso ebraico mondiale, che nel 1947 aveva sancito che non dovesse più esserci vita ebraica «su quella terra intrisa di sangue». E invece, quasi completamente cancellato e contro ogni previsione, l’ebraismo tedesco lottò per ricostruirsi un futuro.
Il Zentralrat der Juden in Deutschland nacque non come erede della tradizione ebraico-tedesca distrutta dal Terzo Reich, ma come un organismo nuovo, costruito attorno a una realtà radicalmente mutata: quella dei sopravvissuti alla Shoah, molti dei quali provenienti dall’Europa orientale. Lo spiega sulle pagine della Jüdische Allgemeine lo storico Michael Brenner. L’obiettivo iniziale del Consiglio era fornire sostegno immediato ai reduci dei lager e delle persecuzioni: aiuto materiale, rappresentanza legale per i risarcimenti, accesso ai cimiteri, garanzia per la pratica religiosa. Solo negli anni Settanta iniziò a delinearsi un orizzonte più stabile, con giovani ebrei che decidevano di restare o tornare in Germania, venivano costruite nuove sinagoghe, assunti rabbini, fondato un collegio per studi ebraici.
Oggi il Consiglio centrale rappresenta 105 comunità con circa 100mila membri. Per l’attuale presidente, Josef Schuster, medico e figlio di sopravvissuti tornati in Germania dopo una prima fuga nella Palestina mandataria, il Consiglio non fu fondato per immaginare il futuro, ma per assistere chi desiderava partire. «E invece molti hanno scelto di restare, di ricominciare. A lungo è stato difficile persino ammetterlo. Solo negli anni ’70, con Werner Nachmann, si cominciò a dire apertamente: sì, la vita ebraica esiste in Germania», ha spiegato Schuster all’emittente Deutsche Welle.
La presenza ebraica nel paese è rinata, ma non mancano le difficoltà. Antisemitismo, minacce, attacchi – come quello fallito alla sinagoga di Halle nel 2019 – continuano a essere una realtà. «Non credo che le persone antisemite siano di più rispetto a trent’anni fa», ha osservato Schuster, «ma oggi si sentono più legittimate a parlare. In questo, la retorica dell’Alternative für Deutschland (partito di estrema destra) ha avuto un ruolo decisivo». Dopo il 7 ottobre, si è aggiunta una nuova ondata di odio antisemita con radici nell’estrema sinistra e in ambienti islamici radicalizzati. Un fenomeno che il presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier (nell’immagine all’inaugurazione nel 2024 della sinagoga di Potsdam), ha riconosciuto con chiarezza: «L’odio e l’istigazione si stanno diffondendo anche in Germania. Solo quando gli ebrei si sentiranno completamente al sicuro, il nostro paese sarà in pace con se stesso».
Steinmeier ha definito il Consiglio centrale «una delle voci politiche e sociali più importanti del nostro paese, un pilastro della democrazia». Ne ha elogiato la capacità di rafforzare l’identità ebraica, sostenere le comunità e rappresentarne gli interessi sul piano nazionale e internazionale. Ha ricordato, in particolare, l’integrazione degli ebrei provenienti dall’ex Unione Sovietica dopo il 1991, resa possibile proprio grazie al lavoro del Consiglio. A renderlo oggi ancora più essenziale, ha concluso il presidente tedesco, è «l’impegno costante contro l’antisemitismo e per la cultura della memoria».
Sulla stessa linea il cancelliere Friedrich Merz, che ha affermato: «La Germania deve essere un rifugio sicuro per gli ebrei. Facciamo in modo che sia così». Per Merz, la vita ebraica è «parte di noi», e dal 1950 è diventata «diversificata, sicura di sé e visibile» anche grazie alla presenza forte e continua del Consiglio centrale.
Il pluralismo religioso, il dialogo tra tradizione ebraica tedesca e nuove provenienze, l’equilibrio tra identità ebraica e cittadinanza tedesca, la gestione delle diverse opinioni su Israele: sono alcune delle sfide cruciali che il Consiglio ha affrontato e continua ad affrontare, sottolinea Brenner. Per lui, è quasi miracoloso che questa piccola istituzione sia riuscita a trasformare, 75 anni fa, «un gruppo minuscolo di sopravvissuti che si riuniva nei cortili delle case in una comunità più ampia, più visibile, più sicura di sé». La sua speranza è che questa filosofia rimanga la bussola del Consiglio anche negli anni a venire, mantenendo «apertura e tolleranza al suo interno e un impegno incondizionato per la democrazia all’esterno, sfidando così i segni sempre più minacciosi dei tempi».
A indicare la direzione futura è ancora Schuster. Il Consiglio è oggi il punto di riferimento di una comunità vitale, ma in evoluzione. «Oggi vediamo un calo nell’impegno delle nuove generazioni», ha dichiarato. «È possibile che alcune comunità si fondano. Sarà doloroso, ma a volte necessario». Intanto, l’attività rivolta al mondo ebraico prosegue: programmi di educazione, iniziative culturali, percorsi per rafforzare le comunità locali, e un sostegno costante alla formazione rabbinica nelle sue diverse espressioni. 75 anni dopo la sua fondazione, il Consiglio centrale degli ebrei in Germania è ancora qui, ha concluso Schuster, impegnato «a costruire vita ebraica».