MEDIO ORIENTE – Il 7 ottobre dei drusi: «Il silenzio non è più un’opzione»

Israeliani e drusi accomunati nella tragedia. Il 7 ottobre 2023 nel primo caso, il 15-16 luglio 2025 nel secondo. Comune la sorte di oltre un migliaio di civili uccisi da terroristi armati, comune il mandante di tali eccidi: il fanatismo islamico di matrice sunnita. A trucidare oltre 1.200 fra uomini, donne e bambini nei kibbutzim al confine con Gaza e a Sderot sono stati i terroristi di Hamas, temibile braccio armato palestinese della Fratellanza Musulmana. A Sweida e dintorni – nel sud della Siria – a uccidere oltre mille civili drusi sono stati clan beduini di fede sunnita supportati, secondo le denunce della comunità drusa siriana, dalle forze regolari siriane che rispondono al nuovo uomo forte di Damasco, quell’Ahmad al-Shara (già noto come al-Joulani) oggi ricevuto da Donald Trump ed Emmanuel Macron quale uomo di pace ma fino a ieri leader del Fronte al-Nusra, declinazione siriana di al Qaeda. Cittadini drusi e cittadini ebrei, che vivono fianco a fianco in Israele, vittime della stessa guerra di religione, un odio per il diverso che non si ferma davanti al civile indifeso, sia questo una donna ebrea in un kibbutz o un anziano druso ricoverato in ospedale.
Del 7 ottobre conosciamo già i dettagli, le violenze indicibili largamente ignorate dalla comunità internazionale. Comunità che oggi fa lo stesso con i drusi salvo poche eccezioni.
Documenta l’orrore avvenuto in Siria e interrotto dall’intervento di Israele il rapporto “Atrocità sistematiche contro i drusi a Sweida” a cura del Druze Documentation Nexus. pubblicato sul sito dell’istituto Memri. Nel rapporto vengono dettagliati i crimini compiuti da parte delle forze del regime siriano insieme ad alcune milizie terroristiche e alle tribù beduine locali e si fornisce anche una prima lista con i nomi di 245 vittime tra drusi e cristiani. Oltre mille morti, centinaia di feriti e rapiti. Violenze sessuali, umiliazioni e torture mirate. Blocchi medici. E come già in Israele ai tempi del 7 ottobre, decine di migliaia di persone sfollate. «Il silenzio non è più un’opzione. I drusi e altre minoranze chiedono solo per il diritto di vivere in pace sulla loro terra ancestrale», si legge all’inizio del rapporto, nel quale si sollecitano le istituzioni internazionali a intervenire con fermezza. Vengono chieste in particolare quattro azioni: l’istituzione di una inchiesta urgente su mandato delle Nazioni Unite «per indagare su crimini contro l’umanità», l’accesso umanitario immediato «per valutare e rispondere ai bisogni dei sopravvissuti», l’adozione di sanzioni e provvedimenti da applicare contro individui e organismi «che operano all’interno del governo di Al-Joulani, in quanto complici delle violenze», l’attivazione da parte della comunità internazionale di «meccanismi di protezione per le minoranze vulnerabili in Siria, per prevenire il ripetersi di tali episodi».