ITALIA-ISRAELE – Cristina Bettin (Aissi): «Aiutare il dialogo tra i nostri Paesi»

Alla Ben Gurion University del Negev, in Israele, un’aula gremita ospita ogni settimana oltre cento studenti iscritti al corso Discovering Italy: A Journey through Its History, Society, and Culture, ideato e tenuto in inglese dalla professoressa Cristina Bettin, storica, docente di Italianistica e presidente dell’Associazione degli Accademici e Scienziati Italiani in Israele (Aissi). Il corso esplora la storia, la società e la cultura italiane dalle origini ai giorni nostri, con un approccio multidisciplinare.
«In Israele non esistono programmi strutturati dedicati alla storia italiana», spiega Bettin, «eppure l’interesse per l’Italia è enorme. Gli studenti qui impazziscono per la nostra cultura. Così ho pensato di creare un corso generale che toccasse tutti gli aspetti fondamentali: storia, arte, letteratura, musica, società. Non si può studiare qui storia medievale italiana, o storia romana, in modo sistematico. Questo corso nasce proprio per colmare quella mancanza».
Il percorso è organizzato in modo cronologico, con lezioni settimanali dedicate a diversi periodi storici. «Ogni settimana affronto un’epoca e ne esploro tutte le dimensioni: dall’Impero romano alla Shoah italiana, dal Rinascimento al Futurismo. Con uno spazio sempre aperto alla Jewish experience, con attenzione alla microstoria, agli ebrei italiani, alla Brigata Ebraica, ai Giusti, a tutto ciò che di solito non si studia in Israele».
All’interno del corso è previsto l’intervento di esperti italiani e internazionali, tra i quali anche il regista Fred Kudjo Kuwornu. «È importante che gli studenti sentano voci diverse, che allarghino lo sguardo oltre i manuali», osserva Bettin. Per la docente, portare questo tipo di contenuto accademico, e soprattutto ospiti, a Beersheva, nel sud d’Israele, è una sfida. «Tutti vogliono venire a Tel Aviv o Gerusalemme. Ma io voglio che la cultura italiana arrivi anche qui, nella periferia. Chi studia a Beersheva spesso resta escluso da eventi culturali. Il corso è anche una risposta a questa disuguaglianza».
L’entusiasmo degli studenti non basta a nascondere le difficoltà legate alla guerra. Molti sono stati richiamati per il servizio militare. «In questo momento diversi ragazzi sono a Gaza. Non potranno sostenere l’esame nella sessione regolare e dovranno farne una straordinaria. Eppure partecipano, mi scrivono, si scusano se non riescono a venire. Si impegnano. Hanno voglia di imparare, nonostante tutto». Un’altra sfida riguarda i rapporti con l’Italia. «Oggi abbiamo solo quattro accordi attivi, tutti in ambito ingegneristico. In scienze umane non c’è nulla. I miei studenti vorrebbero andare in Italia per un semestre, ma non esistono Erasmus disponibili. Senza una borsa, è impossibile permettersi un soggiorno di studio». Come presidente Aissi, Cristina Bettin lavora per rafforzare i legami accademici tra i due paesi. «Abbiamo costruito una rete con oltre ottanta ricercatori italiani. Organizziamo webinar bilingui – in inglese e in italiano – per mantenere vivo il dialogo. Parliamo di archeologia, fisica, giustizia, startup. Abbiamo molto seguito anche dall’Italia».
Oggi invitare docenti italiani in Israele è più difficile. «Non tutti vogliono o possono venire. Alcuni temono ripercussioni nei loro ambienti accademici. Altri non ricevono il supporto delle loro università, non necessariamente per motivi ideologici, ad esempio per la mancanza di coperture assicurative. Non è semplice, purtroppo ». Nonostante tutto, la professoressa mantiene un atteggiamento propositivo. «Non credo che tutto il mondo accademico sia contro Israele. Ma servono strumenti concreti. Come Aissi stiamo facendo il massimo. Abbiamo contatti, costruiamo progetti comuni, cerchiamo di avviare workshop o pubblicazioni congiunte. Facciamo quel che possiamo, con le risorse che abbiamo. E la porta è aperta a ogni collaborazione».

d.r.