ISRAELE – Cinque università scrivono a Netanyahu: «Più impegno per i civili a Gaza»

«Sulla base di quello che vedo in televisione, non sono particolarmente convinto. Quei bambini sembrano molto affamati». Con queste parole, pronunciate durante una visita in Scozia accanto al premier britannico Keir Starmer, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha espresso dubbi sulla valutazione dell’alleato israeliano Benjamin Netanyahu secondo cui a Gaza non ci sarebbe carestia. «Ci sono molte persone affamate a Gaza», ha aggiunto Trump. «Abbiamo inviato 60 milioni di dollari in aiuti alimentari, e nessuno ha nemmeno detto grazie. Altri Paesi devono contribuire». Per il presidente americano non si può dimenticare come «molti degli aiuti vengono rubati da Hamas», e «una parte del cibo non arriva alla popolazione per colpa dei terroristi che se ne appropriano».
Pur ribadendo che un cessate il fuoco resta possibile, Trump ha poi suggerito a Netanyahu un cambio di strategia. «Forse ora Israele dovrà agire in un modo diverso», ha dichiarato, senza esprimersi su quale possa essere il nuovo orientamento. Al suo fianco, Starmer ha definito la situazione a Gaza «una catastrofe assoluta» e ha aggiunto che «i cittadini britannici sono sconvolti dalle immagini che arrivano ogni giorno».
A fare eco alla preoccupazione internazionale arriva ora anche una voce interna a Israele. I presidenti di cinque università del paese – l’Università Ebraica di Gerusalemme, il Technion di Haifa, l’Università di Tel Aviv, la Open University di Ra’anana e l’Istituto Weizmann di Rehovot – hanno inviato una lettera aperta al primo ministro chiedendo un’azione urgente per affrontare la crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza. «La fame sta causando danni enormi a civili non coinvolti nei combattimenti, compresi bambini e neonati», scrivono i cinque presidenti, Asher Cohen (Università Ebraica), Uri Sivan (Technion), Ariel Porat (Tel Aviv University), Leo Corry (Open University), e Alon Chen (Weizmann Institute). Ribadendo le responsabilità di Hamas per la situazione a Gaza, i firmatari chiedono però all’esercito israeliano e alle autorità competenti di «intensificare gli sforzi per garantire l’accesso degli aiuti e ridurre al minimo i danni ai non combattenti».
In un passaggio molto discusso, i cinque presidenti scrivono: «Come popolo sopravvissuto all’orrore della Shoah in Europa, sentiamo una responsabilità storica e morale di fare tutto quanto è in nostro potere per evitare sofferenze crudeli e indiscriminate a uomini, donne e bambini innocenti».
L’appello accademico prende posizione anche su alcune dichiarazioni pubbliche rilasciate da membri del governo o della Knesset, giudicate allarmanti: «Esprimiamo seria preoccupazione per proposte che circolano negli ambienti governativi e militari riguardo alla creazione di una cosiddetta “città umanitaria”, che implicherebbe la rimozione forzata della popolazione. Riteniamo che tali idee rappresentino una pericolosa perdita di umanità e di misura, e potrebbero causare un danno morale e reputazionale irreparabile allo Stato di Israele». I cinque chiudono la lettera affermando «di essere consapevoli della complessità delle sfide che lo stato si trova ad affrontare. Ma è proprio nei momenti più difficili che vengono messi alla prova i valori fondamentali di una società. Israele si trova oggi di fronte a una prova morale decisiva».
(Nell’immagine, una delle strutture del Weizmann Institute di Rehovot)