ISRAELE – Ministro Istruzione: negoziare liberazione ostaggi è impossibile

Ex capo Shin Bet: Strategia Gerusalemme è sbagliata

Sconcerto, amarezza, rabbia sono le emozioni che hanno attraversato le famiglie degli ostaggi israeliani dopo le parole pronunciate dal ministro dell’Istruzione Yoav Kisch. Membro del Likud e vicino al primo ministro Benjamin Netanyahu, Kisch ha affermato all’emittente pubblica Kan che «la possibilità di riportare a casa gli ostaggi attraverso un accordo è pari a zero». Una dichiarazione che ha scatenato reazioni di incredulità tra chi attende da mesi il ritorno dei propri cari. «È demotivante, soprattutto da parte di qualcuno che può fare la differenza. Ti fa sentire come se ti avessero abbandonato», ha sottolineato sempre a Kan l’ex ostaggio Almog Meir Jan, liberato dalle forze di sicurezza israeliane nel giugno 2024 dopo otto mesi di prigionia. «Ci sono ancora cinquanta rapiti. È difficile continuare a pensare alle famiglie che non hanno ancora riavuto i loro cari. Il nostro presente è un trauma, ma provo a rimanere ottimista e ad agire costantemente per la liberazione dei rapiti», ha aggiunto Meir Jan. «È mia responsabilità spiegare al mondo cosa abbiamo vissuto noi e cosa stanno passando loro».
Al momento la proposta Usa di una tregua in cambio della liberazione di una parte dei rapiti – proposta accettata da Israele – è in stallo a causa del no di Hamas. Per Yossi Amrusi, già a capo del servizio di intelligence Shin Bet, Gerusalemme dovrebbe definitivamente stralciarla. Secondo Amrusi, intervistato dal quotidiano Maariv, «Israele deve dichiarare che non intende più proseguire i negoziati alle condizioni attuali». La sua lettura è netta: Hamas sfrutta l’impasse per rafforzarsi, alimentando aspettative internazionali e tenendo in ostaggio non solo le persone ma anche l’intero processo politico. Una strategia calcolata che si nutre, afferma Amrusi, della pressione diplomatica europea, dell’attenzione mediatica su Gaza, e della possibilità che la politica americana cambi direzione.
Per l’ex capo dello Shin Bet è da mettere in dubbio anche l’efficacia degli attuali mediatori, in particolare del Qatar: «Non ci sono prove che abbiano alcuna influenza reale o un canale affidabile con i vertici di Hamas a Gaza». E non esclude che gli stessi leader dell’organizzazione terroristica abbiano perso il controllo sugli ostaggi o non sappiano più dove si trovino.
Per questo, la sua proposta è radicale: abbandonare i tavoli multilaterali e concentrare gli sforzi su due fronti. Da un lato, creare zone umanitarie sotto controllo israeliano per separare la popolazione civile da Hamas; dall’altro, avviare contatti diretti, mirati, con chi concretamente detiene gli ostaggi. «Hamas restituirà gli ostaggi solo se costretto a farlo», afferma, lamentando che l’esercito israeliano sia frenato nelle sue azioni, mentre gli aiuti umanitari «continuano a fornire indirettamente al gruppo terroristico carburante, denaro e risorse».