MEDIA – L’Ucei per un giornalismo responsabile
In seguito a una richiesta di interrogazione del Movimento Cinque Stelle in Commissione di Vigilanza Rai per un servizio del Tg1 su Gaza, la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni dichiara:
Partendo dal servizio Rai Tg1 andato in onda tre giorni fa sui camion in attesa di essere scaricati, puntando l’attenzione alle responsabilità dell’Onu, ma ripensando a moltissimi altri episodi è giusto fermarsi un attimo e riconoscere un certo modo di fare giornalismo. Al dott. Giovan Battista Brunori, corrispondente capo sede Rai per il Medio Oriente, ufficio a Gerusalemme, desidero esprimere il nostro apprezzamento per l’encomiabile impegno e la profonda integrità con cui giorno dopo giorno, dall’inizio del 7 ottobre, ha saputo rappresentare gli accadimenti, le situazioni, le verità lineari e dolorose dei fatti, in un tempo segnato da una dilagante disinformazione, propaganda e derive populiste. I servizi del dott. Brunori spezzano silenzi imposti e danno voce anche ad altre grida, per colmare scelte redazionali che ci lasciano sempre più spesso smarriti e preoccupati. In un tempo, più lungo di quanto avremmo mai immaginato, che vede media italiani, come di altre parti del mondo, recepire la propaganda terroristica e di chi rifiuta il sapere e la conoscenza fatta anche di storia vissuta, il suo modo di operare si distingue per equilibrio, lucidità e direi anche coraggio per agire e arginare pressioni e pregiudizi, senza scorciatoie e comode lobby.
La sua attività giornalistica non è solo svolta con massimo rispetto della deontologia professionale, a noi limpida e chiara e forse opacizzata anche a molti comitati e sindacati, ma è parimenti ispirata da un senso di responsabilità sociale verso il pubblico radiotelevisivo, per quello che oggi è il potere e l’impatto della narrazione filtrata o promossa da logiche che ci lasciano a volte increduli.
Specialmente trattandosi di tv pubblica. La guerra, quella dei missili, degli attacchi terroristici, della difesa e la ricerca degli ostaggi, quella che cerca di salvare vite anche dentro ai dilemmi morali, è per i giornalisti narrazione che si vorrebbe oggettiva e attenta, ma la guerra della comunicazione che si è affermata parallelamente è una guerra in cui anche giornalisti hanno scelto con quali armi combattere, e avremmo sperato in molti più “Brunori” sul campo e nelle redazioni. Non è cosi e al momento all’unico Brunori che conosciamo esprimiamo questo apprezzamento.