GAZA – In 18 mesi 3.400 famiglie evacuate per cure mediche

Hamas ruba gli aiuti e usa i bimbi malati per accusare Israele

«L’8 ottobre 2023 dovevo andare a lavorare in Israele. Ero emozionato e fiducioso, ma dopo il 7 ottobre tutto è cambiato». Lo racconta a Ynet Mahana Sarsawi mentre si trova nei pressi del valico di Kerem Shalom. Padre di un bambino malato di cancro, Sarsawi si è lasciato la distruzione di Gaza alle spalle. Insieme a tutta la sua famiglia è stato evacuato dall’enclave grazie a un’operazione coordinata dalle Forze di Difesa Israeliane con l’Oms e l’Unione europea. La destinazione è ora la Francia dove il figlio potrà ricevere le cure necessarie.
Al quotidiano israeliano Sarsawi sottolinea come vivere oggi nella Striscia sia diventato «quasi impossibile». Il costo del pane è fuori controllo – «una pita costa dieci shekel, ne servono almeno cinquanta al giorno solo per sfamare i bambini» – ma il vero nodo è la gestione degli aiuti. «Solo chi è vicino ad Hamas riceve qualcosa. Gli altri, niente. Tutti i discorsi della leadership sono fumo. La gente normale, come noi, non ha nulla. È tutto corrotto». Sua moglie definisce un «sollievo» l’aver lasciato Gaza, ma si chiede: «Torneremo?».
La famiglia Sarsawi è una delle circa 3.700 evacuate da Gaza attraverso Israele verso paesi terzi da marzo 2024 a oggi, secondo i dati pubblicati da ynet. Si tratta per lo più di malati e feriti accompagnati da famigliari, trasferiti attraverso il valico di Kerem Shalom, l’aeroporto di Ramon o il ponte di Allenby. Le destinazioni includono Francia, Germania, Italia, Norvegia, Emirati, Canada, e Giordania.
Non tutti riescono a uscire con l’intera famiglia. Omar Khairy, di Khan Yunis, è partito con il figlio di due anni, gravemente ferito a una gamba durante il conflitto. Prima della guerra Khairy gestiva un negozio di dolci, poi si è dovuto trasferire in una tenda. «Non riceviamo gli aiuti umanitari. I saccheggiatori si prendono tutto. E quelli che da fuori parlano di resistenza? Prima vengano a viverci, a Gaza».
Walid Al-Bas, padre di due bambini feriti, ringrazia per il trattamento ricevuto al valico israeliano, dove ha avuto accesso a cibo, acqua e assistenza. Anche lui denuncia la gestione di Hamas: «Chi comanda mangia bene. Noi soffriamo in silenzio».
La nonna Rawida ha accompagnato la nipote Malek in Norvegia per curare un grave difetto cardiaco. «Hanno autorizzato solo due persone, così sono venuta io al posto di sua madre. Torneremo quando riapriranno i valichi».
Mentre chi esce da Gaza raccontano la vita sotto Hamas, il Coordinatore israeliano delle attività nei territori (Cogat) denuncia un altro fronte della guerra: quello delle immagini. Secondo un rapporto diffuso nei giorni scorsi, Hamas utilizza bambini affetti da malattie genetiche come prova «fabbricata» della carestia a Gaza, alimentando «una narrativa fuorviante», afferma il Cogat. Il caso del quattordicenne Abdul Qader al-Fayoumi è emblematico: la sua immagine è diventata virale come simbolo della fame patita dai gazawi, ma i documenti delle autorità israeliane mostrano come il ragazzo era stato curato in Israele già nel 2018 per una patologia neurologica genetica. «Abdul era uno dei centinaia di bambini di Gaza affetti da malattie simili che sono stati curati in Israele prima che Hamas distruggesse il valico di Erez il 7 ottobre», denuncia il Cogat. «Nonostante questo, Israele continua a coordinare le evacuazioni mediche verso paesi terzi. Proprio ieri, 180 pazienti e accompagnatori sono stati trasferiti per cure nell’Unione Europea e in Giordania. Hamas, nel frattempo, continua cinicamente a sfruttarli per i propri scopi distorti, e parte dei media internazionali glielo permette». (modificato)