LIBRI – Giorgio Ascarelli e quell’intuizione chiamata Napoli
Nasceva, nell’agosto del 1926, l’Associazione Calcio Napoli. Nasceva grazie all’imprenditore e filantropo Giorgio Ascarelli (1894-1930), il suo fondatore e primo presidente, figura illustre dell’ebraismo partenopeo. Poche settimane dopo la conquista del quarto scudetto e con lo sguardo rivolto al centenario del club azzurro, il giornalista e storico Nico Pirozzi torna in libreria con un saggio sull’argomento. Dopo Ascarelli. Una storia italiana (Edizioni dell’Ippogrifo), pubblicato nel 2024, è ora il momento di Giorgio Ascarelli. Il visionario che inventò (il) Napoli, con il medesimo editore. In quella parentesi nel titolo c’è tutto. Perché, come chiarisce fin dalle prime pagine l’autore, sarebbe riduttivo guardare alla figura di Ascarelli attraverso il solo filtro del pallone e dimenticarsi così di tutto il resto: una storia imprenditoriale di altissimo livello con orizzonti nazionali e internazionali, ma soprattutto l’innato afflato di giustizia sociale che Ascarelli interpretò con coerenza sia in azienda sia nella società napoletana in senso più ampio, distinguendosi tra quanti contribuirono a costruire «una nuova e per molti versi inedita immagine» della città negli anni Dieci e Venti del secolo scorso. Come racconta Pirozzi, Ascarelli la irradiò di umanesimo anche nell’ora dell’avanzata fascista che prese di mira pure lui, il “sovversivo” patron del Napoli, spiato dal regime per le sue simpatie socialiste e precursore dell’idea di welfare decenni prima di Adriano Olivetti.
Quando morì prematuramente all’età di 36 anni, nel marzo del 1930, migliaia di persone si riversarono per le strade di Napoli per accompagnare la salma fino al cimitero ebraico, lo stadio che aveva fatto costruire a proprie spese gli fu intitolato a furor di popolo e sulle pagine dei giornali furono vergate lodi a imperitura memoria. Nessuno l’avrebbe mai dimenticato, fu scritto. Oggi invece quello di Ascarelli è un nome ai più sconosciuto, calciofili e non, anche per via della rimozione postuma innescata dal regime. Ma è una “colpa” che Napoli non può permettersi. Secondo Pirozzi, «ricordarlo a un secolo di distanza dalla fondazione della squadra che porta a casa l’ennesima stagione di trionfi non può essere solo il tributo di un non più giovane giornalista, bensì di una città, a dir poco, distratta e immemore».
a.s.