ANTISEMITISMO – Gatti (Cdec): Forze dell’ordine barriera contro rischi sempre più gravi

La crescita dell’antisemitismo in Italia è chiaramente documentata da più fonti, sia istituzionali che della società civile. Secondo il rapporto 2024 dell’Osservatorio antisemitismo del CDEC (il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano), il numero di episodi di antisemitismo censiti è il più alto dal 2007, data di inizio della raccolta sistematica, con un incremento record. E non solo: il conflitto in Medio Oriente e gli eventi successivi al 7 ottobre 2023 hanno contribuito a normalizzare e diffondere i pregiudizi antiebraici, e gli stereotipi storici che si intrecciano sempre più pesantemente con l’antisemitismo. il pregiudizio. Stefano Gatti, ricercatore nell’Osservatorio Antisemitismo del Cdec, non ha dubbi: «La situazione è drammatica, e posso confermare il trend dello scorso periodo. Abbiamo appena chiuso un report trimestrale che abbiamo consegnato in questi giorni che mostra come la tendenza sia quella. Si tratta di un fenomeno in crescita, che ha con dimensioni davvero preoccupanti. I dati che abbiamo raccolto sino a ora mostrano un aumento non solo numerico dei casi, ma soprattutto una progressiva estremizzazione, evidente da tutti i punti di vista». Dalle scritte antisemite comparse su edifici scolastici, università e abitazioni private in diverse città italiane al danneggiamento delle pietre d’inciampo i segnali sono chiari. Da Pisa a Roma, con l’esempio eclatante del quartiere Monteverde, fino a Milano, non c’è parte d’Italia che non sia coinvolta. E gli episodi non risparmiamo i segni cittadini della Memoria, dalle targhe alle pietre d’inciampo le vittime della Shoah sono un target oramai normalizzato. L’Osservatorio ha rilevato un aumento significativo di contenuti antisemiti diffusi sui social media a partire dall’ottobre 2023. L’andamento riflette dinamiche già osservate in altri Paesi europei: gli eventi geopolitici internazionali hanno spesso effetti immediati sulla retorica antiebraica a livello locale. I contenuti più frequenti vanno dalle accuse collettive rivolte agli ebrei, agli inviti all’odio e alle teorie cospirative legate a finanza o politica internazionale. Continua Gatti: «Un altro elemento che colpisce è la normalizzazione della figura di Hitler, che è diventato un meme, degno di nomignoli quasi affettuosi; si va da “zio Adolfo, a “baffetto”, al “pittore austriaco”, modi per evitare la censura sui contenuti online che sono però anche un indice di come una simile figura sia stata sdoganata. Non manca l’inevitabile aggiunta di commenti che sostengano che Hitler “aveva ragione”, o “peccato che non abbia finito il lavoro” come anche “avrebbe dovuto farli fuori tutti”, per restare alle meno offensive». Il 23 per cento degli studenti delle scuole superiori dichiara di aver assistito almeno una volta a battute o commenti antisemiti all’interno della propria classe, e il 17 per cento afferma di aver visto o ricevuto messaggi antisemiti in chat scolastiche o canali social legati all’ambiente studentesco. Anche le comunità ebraiche italiane riportano un aumento delle segnalazioni di episodi di ostilità, spesso di natura verbale o simbolica. Si tratta per lo più di espressioni che non configurano reati perseguibili penalmente, ma che contribuiscono a creare un clima percepito come ostile o intimidatorio. In molte città è stato necessario aumentare la sorveglianza davanti a sinagoghe, scuole e istituzioni comunitarie, in coordinamento con le forze dell’ordine. Spiega Gatti che questo è uno dei motivi per cui i casi di aggressioni fisiche sono relativamente bassi rispetto al quadro europeo: «In Italia siamo fortunati perché abbiamo forze dell’ordine molto efficaci, con un controllo molto stretto che certamente è un deterrente importante. Il livello di sicurezza è stato aumentato, la collaborazione con le istituzioni esiste ed è forte. Ci sono ovunque agenti ben riconoscibili e agenti in borghese, ed è uno dei motivi per cui le aggressioni fisiche sono rare, in Italia». Sono rare ma purtroppo ci sono state, e sono anch’esse –spiega Gatti – un motivo di preoccupazione non solo per l’episodio in sé ma per come vengono narrate: «L’episodio più recente, con l’aggressione in un autogrill, è emblematico: la vittima dell’aggressione è stata chiaramente identificata dai media e il suo nome pubblicato ovunque, cosa che ovviamente crea rischi ulteriori, cosa che non è successa per gli aggressori. E indipendentemente dal dettaglio di come sono andate le cose va detto chiaramente che uno degli aggressori, nei video che sono circolati, sta facendo con le mani il gesto legato ai Fratelli musulmani, e già il 10 ottobre 2023 aveva partecipato a una manifestazione dichiaratamente antisionista. Qualcosa che non mi pare sia stato evidenziato nella narrazione degli eventi». Il governo italiano, attraverso l’istituzione del Commissario nazionale per il contrasto dell’antisemitismo, ha avviato una serie di azioni di monitoraggio e prevenzione, promuovendo la mappatura dei casi su base territoriale, rafforzando i contatti con le prefetture e avviando incontri con le comunità ebraiche per definire strategie comuni. È stata istituita una cabina di regia interministeriale per coordinare le politiche educative e di sicurezza ed è stato approvato un Piano nazionale di contrasto all’antisemitismo che prevede interventi nei settori dell’istruzione, della comunicazione istituzionale e della formazione delle forze dell’ordine. Un piano redatto in collaborazione con l’UCEI e con esperti del mondo accademico e della società civile. In occasione della presentazione del documento, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato: «L’antisemitismo non può essere tollerato sotto nessuna forma. La sicurezza dei cittadini ebrei è una priorità dello Stato, che continuerà a vigilare e intervenire con fermezza». Dichiarazioni analoghe sono giunte da altri rappresentanti delle istituzioni, che hanno sottolineato la necessità di rafforzare gli strumenti educativi e di prevenzione culturale. L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha ribadito l’importanza della vigilanza istituzionale e del dialogo interreligioso come strumenti per contrastare l’antisemitismo, e continua a collaborare con le autorità locali e nazionali per rafforzare le misure di tutela e promozione della Memoria. Ma nonostante le iniziative culturali e formative rivolte alla cittadinanza, con particolare attenzione alle nuove generazioni, il quadro complessivo è preoccupante. Spiega ancora Gatti: «La collaborazione con le istituzioni e con le comunità è sempre più stretta, cosa che peraltro ci permette di lavorare meglio, raccogliendo anche grazie all’Antenna antisemitismo un numero importante di segnalazioni. E il rapporto con il generale Pasquale Angelosanto, attuale il coordinatore nazionale, è ottimo e costante, quello che manca, pur in presenza di un monitoraggio costante e dei report regolari sui dati è una risposta civile e istituzionale fondata sulla conoscenza, sull’ascolto e sul rispetto. Non ci sono solo le discriminazioni, abbiamo registrato casi di boicottaggio anche commerciale – per esempio l’azienda che rifiuta di fornire 800 barattoli di miele al KKL considerato complice del governo israeliano – e siamo arrivati a episodi gravi, con lettere minatorie, vere e proprie minacce di morte anche a persone fragili e malate con messaggi pesantissimi e ingiuriosi. A mio parere la situazione è drammatica anche perché il servizio offerto dai media è indegno: vengono pubblicate notizie che arrivano dal ministero della salute di Hamas come se fossero dati affidabili, o dati presi da Haaretz, che però a sua volta cita Al Jazeera, che sta citando fonti palestinesi… tra cui molto spesso lo stesso ministero della salute di Hamas. Fra le notizie e i social il quadro è davvero serio: se per due anni si insiste a mostrificare le persone poi i risultati si vedono. Nel mondo reale, però».

a.t.