STORIA – Bat Ye’or smonta il “mito andaluso”

Il XX secolo, scrive sulla Tribune Juive Bat Ye’or – scrittrice e saggista britannica nata al Cairo nel 1933 – «fu dominato da tre ideologie genocidarie: il comunismo, il nazismo e il mito andaluso». Se le prime due sono state combattute e poi studiate la terza, nata negli anni Sessanta, è rimasta a lungo un argomento proibito: «chiunque vi si avvicinasse rischiava, nel migliore dei casi, l’esclusione sociale riservata ai reietti, o la morte prescritta dal jihad». Il mito andaluso si fonda sull’idea che nella Spagna medievale governata dagli arabi le leggi coraniche, applicate a ebrei e cristiani, incarnassero una suprema eccellenza morale, regolando la loro vita secondo i principi della giustizia islamica definiti dalla legge e dall’ideologia del jihad. Comandamenti giuridici elaborati già nell’VIII secolo e codificati nella shari’a, la legge islamica, che stabilivano diritti e doveri delle popolazioni indigene ormai islamizzate. In questa prospettiva il mito arriva a legittimare come modello universale i principi dell’islamizzazione jihadista, combinati con regole della “dhimmitudine” che garantivano una sopravvivenza condizionata ai «più privilegiati» tra coloro che erano scampati a massacri o schiavitù. La dhimmitudine, secondo l’autrice (Bat Ye’or è lo pseudonimo di Gisèle Littman), è la condizione giuridica e sociale imposta storicamente alle popolazioni non musulmane (“dhimmi”, soprattutto cristiani ed ebrei) nei territori governati dalla legge islamica. Non stupisce, nota l’autrice, che movimenti jihadisti come Olp e Hamas proclamino la loro adesione a tale ideale, attribuendo alla «mancata sottomissione ad Allah» la causa dei mali del mondo. Colpisce, per contro, «la totale approvazione occidentale del mito andaluso», che di fatto cancella tredici secoli di jihad contro la cristianità. Che i musulmani lodino le proprie leggi, osserva, è naturale, ma che «le vittime li superino nelle lodi» desta sorpresa. Questa convinzione trova espressione in dichiarazioni politiche che arrivano ad aspirare a una fusione euro-araba «per riattivare l’età d’oro andalusa». Il legame tra politica comune verso Israele e sviluppo euro-mediterraneo iniziò con la dichiarazione della Cee del novembre 1973, che esprimeva sostegno ai diritti dei palestinesi, mentre il successivo Dialogo Euro-Arabo mirava a rafforzare la cooperazione con il mondo arabo. Il mito andaluso ne divenne la base ideologica, alimentando progetti di fusione culturale, religiosa e migratoria «in un radioso futuro euro-islamico senza Israele». Questa impostazione, sostiene Bat Ye’or, collocava la Cee «nel campo dei suoi ex-alleati degli anni 1920-1945», manovrando con nemici dichiarati di Israele fino a riesumare la Risoluzione Onu 181 del 1947, respinta dagli arabi e seguita da guerra, invasioni e massacri senza reazione internazionale. Nel 1967, la liberazione dei territori da parte israeliana suscitò nuove ostilità europee; negli anni Settanta, il sostegno all’Olp si consolidò e da allora, l’Ue — «per scelta e non per costrizione» — avrebbe protetto sé stessa dal jihad divenendone al tempo stesso supporto e finanziatore contro Israele, in una collusione che l’autrice accosta all’«euro-jihadismo nazista». Il jihad globale degli anni ’90 e 2000 non ha incrinato il mito andaluso, al contrario: ha alimentatoaccordi migratori, flussi finanziari e una narrativa che attribuiva a Israele la responsabilità di guerre e terrorismo, assolvendo i jihadisti. L’Unrwa contribuì a interiorizzare in Occidente «la concezione islamista della giustizia», incentrata sulla sharia dell’«età dell’oro». Mentre l’Europa celava la natura jihadista dell’OLP, le stesse logiche minavano le sue città, l’economia, la sicurezza e il tessuto sociale. Il divario tra mito e realtà generò disillusione e conflitti interni, con il rischio di «emirati fondamentalisti» sul suolo europeo. Sul piano mediatico e politico, accuse costanti a Israele hanno, secondo Bat Ye’or, creato odio genocidario, un «soffio di Lucifero che si compiace della sofferenza e della morte». L’autrice sottolinea che non è la prima volta che il popolo ebraico affronta simili minacce. Le nazioni dell’Oci, l’Organizzazione della Cooperazione Islamica, afferma l’autrice, non celano l’obiettivo di ricreare un Califfato con capitale a Gerusalemme. Alcuni esponenti di Olp e Hamas celebrano Hitler. Da decenni, l’Ue lavorerebbe a sostituire la narrazione biblica con quella coranica. Non è la prima volta, ripete Bat Ye’or: tre millenni fa, Israele proclamava la sacralità della vita, la giustizia, il libero arbitrio e l’uguaglianza di legge per lo straniero. I testi sacri mettono in guardia contro chi «chiama bene il male e male il bene», ma «non hanno mai detto che bisogna dare un coltello all’assassino perché ci uccida». La «coalizione della Croce con la Mezzaluna contro la Stella» ha già causato ecatombi; oggi la corruzione si maschera da umanitarismo e assolve il carnefice.