SCIENZA – Lesioni spinali, il progetto israeliano per tornare a camminare

Nel suo laboratorio all’Università di Tel Aviv, il professor Tal Dvir lavora a un impianto che, se un giorno dovesse arrivare in clinica, potrebbe restituire movimento a chi ha perso l’uso delle gambe. Si tratta di un midollo spinale coltivato in laboratorio, ottenuto a partire dalle cellule dello stesso paziente.
Dvir, 49 anni, è tra i volti più noti della medicina rigenerativa in Israele. Dirige il Sagol Center for Regenerative Biotechnology e il Nanotechnology Center dell’ateneo, e ha fondato la società biotecnologica Matricelf, che porta avanti la nuova tecnologia. Negli ultimi dieci anni ha firmato alcuni dei progetti più innovativi del settore, tra cui il prototipo di cuore bio-stampato con cellule umane.
In merito al tessuto spinale progettato per sostituire le aree lesionate della colonna, il sito Ynet ne spiega i principi cardine: usare cellule del paziente per costruire un “ponte” che ricomponga la lesione. Un piccolo campione di sangue viene riprogrammato in cellule staminali capaci di trasformarsi in neuroni. Dal tessuto adiposo si ricava invece un gel biologico che serve da matrice. Insieme, cellule e gel vengono coltivati in laboratorio fino a diventare un tessuto tridimensionale. «L’obiettivo è costruire un piccolo pezzo di midollo spinale che si comporti come quello vero», ha affermato Dvir. «Possiamo rimuovere il tessuto cicatriziale, impiantare il tessuto ingegnerizzato al suo posto e infine fondere il nuovo pezzo con il midollo esistente sopra e sotto la lesione». «Come due estremità di un cavo elettrico che tornano a collegarsi», ha aggiunto.
Negli esperimenti sugli animali il metodo ha dato risultati positivi. «Abbiamo trattato animali con lesioni croniche, di oltre un anno di età. Oltre l’80% ha riacquistato la capacità di camminare perfettamente», ha dichiarato Dvir.
Alla luce di questi dati, il ministero della Salute israeliano ha concesso un’approvazione preliminare per avviare test “compassionevoli” su alcuni pazienti paralizzati (cioè trattamenti sperimentali concessi in casi gravi, quando non esistono altre opzioni terapeutiche, pur prima dell’avvio di una sperimentazione clinica completa). «Ovviamente il primo paziente sarà israeliano», ha precisato Dvir. «La tecnologia è stata sviluppata qui e ho fiducia che i chirurghi israeliani la applicheranno al meglio». La notizia ha fatto pensare che i primi trapianti siano ormai vicini, ma, come spiega il sito economico The Marker, servirà più tempo. L’autorizzazione del ministero è solo “di principio”: prima di arrivare a una sperimentazione sull’uomo serviranno studi di sicurezza, la realizzazione di laboratori sterili per produrre gli impianti e nuovi finanziamenti. Secondo i piani ufficiali, i primi pazienti potranno essere reclutati solo alla fine del 2026. Il primo impianto umano, se tutto andrà come previsto, potrebbe avvenire nel 2027.
Intanto nelle ultime settimane, l’ospedale Sheba ha concesso a Matricelf il permesso di prelevare il primo campione di sangue da un paziente dal quale verrà prodotto un impianto personalizzato. Inoltre, l’azienda ha istituito un comitato consultivo internazionale composto da esperti di neurochirurgia e riabilitazione, che accompagnerà la pianificazione della sperimentazione clinica sull’uomo.
Oltre alla sperimentazione, Matricelf è impegnata nella raccolta fondi, racconta The Marker. Secondo il quotidiano economico, la società fondata da Dvir dovrà assicurarsi nuove risorse per sostenere il percorso di ricerca. A metà 2025 Matricelf disponeva di poco più di cinque milioni di shekel in cassa (1,2 milioni di Euro), una cifra che potrebbe non bastare a coprire le spese a lungo termine. La possibilità di passare alla fase clinica dipenderà quindi, conclude The Marker, «anche dalla capacità di attrarre investitori e di stringere collaborazioni esterne». 

(Foto Matricelf)