ISRAELE/1 – «Sciopero per i miei figli, i soldati, gli ostaggi»
«Un bivio è stato superato, da tempo».
Luisa Levi d’Ancona è una storica italo-israeliana. Nata a Firenze, formatasi a Cambridge, residente a Gerusalemme, scende in piazza contro il sesto governo di Benjamin Netanyahu sin dai tempi della controversa proposta di riforma della giustizia. Continua a farlo adesso, «per dimostrare alle famiglie degli ostaggi che siamo al loro fianco e che siamo contro l’invasione di Gaza». Una decisione che ritiene deleteria «perché condanna a morte non solo gli ostaggi prigionieri nei tunnel di Hamas ma pure molti soldati, chiamati a proteggere una leadership che ci sta portando nel baratro». Domenica scorsa, Levi d’Ancona ha partecipato a un presidio nella sua città. «Una piccola iniziativa spontanea, sullo sfondo della grande manifestazione nazionale di Tel Aviv sulla quale erano concentrati gli sforzi degli organizzatori della protesta. L’ho fatto anche per i miei figli, per ribadire quali sono i valori in cui credo e nel cui solco ho sempre cercato di educarli. Sono comunque consapevole che le mie urla e frustrazioni non saranno ascoltate da chi guida oggi Israele, ma meglio esprimerle in pubblico assieme ad altre persone piuttosto che stare a casa». La studiosa fiorentina parla dell’evento al quale ha preso parte a Gerusalemme come una sorta di “veglia mortuaria”, convinta che nulla farà desistere il governo dal suo intento e che il futuro si annuncia nero. «Ai nostri leader non interessano né gli ostaggi, né il parere della maggioranza degli israeliani».
Levi d’Ancona è una delle colonne di Intellettuali in fuga, progetto che ricostruisce le vite di centinaia di accademici, professionisti, studenti e artisti perseguitati dal fascismo con l’entrata in vigore delle leggi razziste. Molti di loro emigrarono nel nascente Stato ebraico, generando nuova vita intellettuale, costruendo nuovi spazi di sapere e convivenza. « C’è oggi chi punta a demolire i valori sui quali Israele è stato fondato e in parte purtroppo ci sta riuscendo», sostiene la studiosa. «Ma non assisterò inerme a tutto ciò. Sarò pure naïf, ma continuo a credere che l’unica opzione sia quella dei due stati, due stati che dovranno imparare a coesistere e coltivare una società civile libera e attiva, che per ora è l’unica nostra forza e speranza. Io comunque da qui non me ne vado, questo è il paese in cui ho scelto di vivere».
a.s.