EBRAISMO – Verso Uman, pellegrinaggi e polemiche

«Non c’è alcuna disperazione al mondo». Così insegnava Rav Nachman di Breslov (1772–1810), pronipote del Baal Shem Tov, fondatore del chassidismo. Maestro visionario e carismatico, Rav Nachman affidava ai suoi discepoli un messaggio semplice e radicale: la gioia come via per avvicinarsi a Dio, la speranza come obbligo quotidiano, la fede come resistenza alla tristezza. Alla sua morte, a soli 38 anni, chiese di non nominare un successore: «Fino alla venuta del Messia, io resterò il vostro rebbe».
Ogni anno, da allora, decine di migliaia di ebrei percorrono la strada fino alla sua tomba a Uman, in Ucraina, per trascorrervi Rosh Hashanah, il capodanno ebraico. Ma quest’anno il pellegrinaggio non è solo un appuntamento spirituale: è diventato un caso politico.
Il governo israeliano ha stanziato dieci milioni di shekel (2,5 milioni di euro) per finanziare i voli dei pellegrini attraverso la Moldavia, unica via praticabile dopo l’aggressione russa all’Ucraina. La misura, accolta con favore dalla comunità Breslov, corrente chassidica che si richiama agli insegnamenti di Rav Nachman, ha però acceso le polemiche in Israele: tra i viaggiatori figurano anche numerosi giovani haredi in età di leva classificati come disertori per non aver risposto alla chiamata dell’esercito. L’opposizione è stata netta: Yair Lapid ha accusato l’esecutivo di voler permettere a 10mila giovani haredi, oggi obbligati a non lasciare il Paese perché in età di leva, di partire per Uman invece di «contribuire alla società israeliana e colmare la carenza di soldati nell’esercito». Di fronte a queste obiezioni, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha rallentato, temendo anche i ricorsi alla Corte Suprema.
A migliaia di chilometri intanto, Uman si prepara ad accogliere la folla che arriverà per Rosh Hashanah. La cittadina di 90 mila abitanti, a tre ore da Kiev, ha cambiato volto nel giro di pochi anni. Dal 2012, lungo la via Puskin – l’arteria che conduce alla tomba di Rav Nachman – sono spuntati 20 ristoranti casher e 25 alberghi. I giovani ucraini guadagnano più in pochi giorni vendendo caffè ai pellegrini che in un anno di lavoro regolare, racconta ynet, mentre agenzie immobiliari, elettricisti e persino operatori di vasche idromassaggio hanno trovato nel Capodanno ebraico la loro stagione d’oro. Oggi a Uman non arrivano più soltanto i devoti chassidim: tra i pellegrini ci sono adolescenti israeliani, giovani appena congedati dalla leva militare e molti laici attratti dal fascino dell’esperienza collettiva.
Le insegne in ebraico dominano le strade della città, segno tangibile della trasformazione urbana. «È stato un cambiamento improvviso, inaspettato e molto profondo», ha sottolineato Shimon Buskila, rappresentante della comunità ebraica locale in un’intervista alla Jta. «Da un fenomeno legato alla corrente di Breslov, il pellegrinaggio è diventato un fenomeno israeliano, anzi internazionale».
Per i pellegrini, ogni difficoltà logistica è parte integrante del viaggio, riporta ynet. Ostacoli, divieti e ritardi non fanno che rafforzare il senso della prova: un percorso di resistenza e fede che conduce alla «grande riparazione» (Tikkun gadol) promessa da Rav Nachman a chi avesse trascorso con lui il Capodanno ebraico. Discepolo della tradizione chassidica ma innovatore radicale, Rav Nachman insegnava che la gioia e la speranza sono il cuore della vita religiosa e che proprio attraverso le cadute e le avversità l’uomo può avvicinarsi a Dio. Per questo, agli occhi dei suoi discepoli, le difficoltà del pellegrinaggio non sono ostacoli da temere ma parte stessa della mitzvah, il segno che la strada verso il rebbe richiede perseveranza. «L’uomo deve attraversare un ponte molto, molto stretto», scriveva Rav Nachman, «e la cosa principale è non avere alcuna paura».