ISRAELE – Riconoscimento del genocidio armeno, il primo passo di Netanyahu

Gli armeni lo chiamano Metz Yeghern, il “Grande Male”: il genocidio perpetrato dall’Impero ottomano contro circa un milione e mezzo di armeni tra il 1915 e il 1918. Una tragedia che ha lasciato ferite profonde nella memoria di un popolo, e che a distanza di oltre un secolo continua a intrecciarsi con la politica del presente.
Per la prima volta, un primo ministro israeliano ha usato quel termine. In un’intervista al podcast del conservatore Patrick Bet-David, di origine assira, Benjamin Netanyahu ha dichiarato di riconoscere il genocidio armeno, rompendo una lunga tradizione di cautele. «L’ho appena fatto. Ecco qua», ha affermato il capo del governo, dopo essere stato incalzato dall’intervistatore sul perché Israele non avesse ancora compiuto quel passo. Poche parole subito condannate dalla Turchia del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che ha accusato Netanyahu di «strumentalizzare le tragedie del passato per fini politici» e di voler «insabbiare i crimini commessi a Gaza». Ankara, erede dell’Impero ottomano, da sempre nega la definizione di genocidio per gli eventi del 1915.
In Israele, la dichiarazione del capo del governo ha riaperto un dibattito sul Metz Yeghern. Alla Knesset più volte si è tentato di approvare una risoluzione di riconoscimento del genocidio armeno. Nel 2016 la Commissione Educazione, Cultura e Sport, guidata dal deputato di Shas, Yakov Margi, aveva votato a favore, parlando di «obbligo morale». Anche l’allora speaker del parlamento, Yuli Edelstein, aveva ribadito la necessità di un riconoscimento formale: «Noi ebrei, che ancora soffriamo per le ferite della Shoah, non possiamo minimizzare la tragedia armena». Ma nessun tentativo è mai arrivato a buon fine: le ragioni diplomatiche, a partire dai rapporti con Ankara, hanno sempre frenato il passo ufficiale.
Per gli armeni di Israele e di Gerusalemme, le recenti parole di Netanyahu restano insufficienti. «Il riconoscimento non è una persona che dice: “riconosco”. Deve essere ufficiale», ha affermato all’emittente Kan, Artyom Chernomorian, presidente dell’Associazione degli Armeni in Israele. «Sono stato alla Knesset per quindici anni e ho visto come la coalizione di Netanyahu sia sempre contraria al riconoscimento del genocidio armeno. Purtroppo, viene usato come un gioco politico contro Erdogan, come un’arma. Ma noi vogliamo un riconoscimento serio, della Knesset, non una frase in un’intervista». E ancora: «Sono in Israele da ventidue anni, e continuo a lottare affinché i popoli armeno ed ebraico siano amici, legati da una memoria comune. Ma ad oggi manca persino un’ambasciata israeliana in Armenia. È un fatto. E questo pesa».
Nella Città Vecchia di Gerusalemme, Bedig Girgosin, nato e cresciuto nel quartiere armeno, ha commentato a ynet: «Israele ha paura di Erdogan. Non credo che questo sarà un atto ufficiale. Ma riconoscere il genocidio armeno è una questione morale, non politica». Altri residenti condividono lo stesso scetticismo.
Eppure, per molti israeliani le parole del premier rappresentano un segnale importante. Ran Yishai, ex direttore generale del ministero di Gerusalemme e del Patrimonio, ha osservato a Maariv: «Chi ha subito genocidi non può ignorare atrocità simili altrove».
In Italia, sul riconoscimento del Metz Yeghern, la voce ebraica si è fatta più volte sentire. Rav Alfonso Arbib, presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, ha ricordato che «la Memoria armena non può lasciarci indifferenti», sottolineando come il giurista ebreo Raphael Lemkin coniò il termine “genocidio” proprio riflettendo sulla Shoah e sullo sterminio armeno. «Il genocidio armeno, la cui memoria è fondamentale e preziosa, esige l’impegno di noi tutti, con fermezza e chiarezza», aveva scritto in una nota del 2021.
d.r.
(Nell’immagine, il memoriale del genocidio armeno a Yerevan, in Armenia)