ARTE – Pissarro a Potsdam, lo sguardo dell’alterità vissuta

Lo sguardo attento alla luce e alla vita quotidiana di Camille Pissarro occupa un posto centrale nella storia dell’Impressionismo. Al Museum Barberini di Potsdam la mostra Mit offenem Blick. Der Impressionist Pissarro, aperta fino a fine settembre, restituisce la sua opera nella varietà dei temi e delle tecniche e invita a riscoprirne le radici: quelle di un ebreo sefardita originario di un crocevia coloniale che segnerà per sempre il suo percorso. Pissarro nasce nel 1830 a Saint-Thomas, oggi Isole Vergini Americane, allora parte delle Indie Occidentali danesi, in una famiglia di mercanti di origine ebraico-portoghese. Cresce tra comunità diasporiche in un contesto in cui l’appartenenza ebraica è al tempo stesso eredità e marchio di differenza. Trasferitosi in Francia sceglie la strada dell’arte ed è tra i primi a rompere con l’Accademia e a promuovere mostre indipendenti: nel 1874, al fianco di Monet, Renoir, Cézanne, sarà tra i fondatori dell’Impressionismo. Ma se la critica ricorda il suo ruolo di “decano” del movimento, meno indagata è la tensione identitaria che accompagna la sua vita. In una Francia attraversata da antisemitismo e diffidenza sociale, Pissarro conosce l’isolamento. L’Affaire Dreyfus lo trova schierato tra i dreyfusards, coerente con un’etica di giustizia e di solidarietà che si riflette nella sua pittura: paesaggi e campagne, mercati e villaggi, lavoratori colti con uno sguardo privo di retorica ma partecipe, come se l’esperienza dell’alterità gli avesse insegnato a restituire dignità ai margini. L’impronta della sua ebraicità si manifesta nella fedeltà a una visione egualitaria, nell’attenzione ai dettagli del quotidiano. La mostra di Potsdam presenta oltre 60 opere provenienti da musei e collezioni internazionali ripercorrendo il lavoro di un artista che seppe conciliare ricerca stilistica e impegno umano. Mit offenem Blick invita a rileggere Pissarro non solo come maestro dell’Impressionismo, ma come testimone della complessità dell’identità ebraica nell’Europa moderna. Un’identità non gridata che resta sottesa a uno sguardo capace di vedere l’altro senza veli.
(Foto Museum Barberini)