LA POLEMICA – Emanuele Calò: Dov’è la vera teocrazia?
Siccome in questi giorni ho letto della solidarietà fra la popolazione di Gaza e la sua minoranza cristiana, ho cercato di documentarmi.
Il Guardian, ben dieci anni addietro, scriveva che a) non vi è stato un albero di Natale nella piazza principale di Gaza City da quando Hamas ha cacciato l’Autorità Nazionale Palestinese da Gaza nel 2007 b) che il Natale non è più un giorno festivo. Imad Jelda è un cristiano ortodosso che gestisce un centro di formazione giovanile a Gaza City. Con una disoccupazione che si aggira intorno al 23%, ha visto molti giovani cristiani partire per studiare e lavorare all’estero. «Qui la gente non festeggia più il Natale perché è nervosa», ha detto Jelda. «I giovani in particolare hanno paura dentro di sé». Karam Qubrsi, 23 anni, e suo fratello minore Peter, 21 anni, sono i figli maggiori di una delle 55 famiglie cattoliche rimaste a Gaza. Entrambi indossano imponenti crocifissi di legno. «Gesù mi dice: “Se non puoi portare la mia croce, non mi appartieni”» ha spiegato Peter. È una dimostrazione di fede che gli ha causato qualche problema. Racconta di essere stato fermato per strada da un funzionario di Hamas che gli ha intimato di rimuovere la croce. «Gli ho detto che non erano affari suoi e che non l’avrei fatto», ha raccontato Peter. Dopo essere stato minacciato di arresto, alla fine è stato rilasciato, ma l’incidente lo ha spaventato. L’albero decorato con colori vivaci nel soggiorno dei Qubrsi contrasta con l’atmosfera cupa. Le loro sorelle Rani, 29 anni, e Mai, 27 anni, hanno lasciato Gaza nel 2007, quando il direttore trentenne della libreria della Società Biblica di Gaza, dove lavoravano i loro mariti, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco, accusato di proselitismo da elementi radicali.
Dal canto suo, Demografia cristiana University Notre Dame Giugno 2022 informa che tra il 2014 e il 2021 la popolazione della Striscia di Gaza è aumentata da 1,8 milioni a 2 milioni, secondo le stime del governo degli Stati Uniti. 1.300 cristiani rimangono ora a Gaza, in calo rispetto ai 3.000 stimati prima del 2007 (secondo il Dipartimento di Stato Usa sarebbero soltanto mille). D’altro canto, i cristiani sono schiacciati dalle politiche di Hamas – la branca palestinese dei Fratelli Musulmani – salita al potere nel 2007. Il regime di Hamas ha avviato un insidioso processo di islamizzazione dall’alto e soprattutto dal basso, che si è approfondito dopo le rivolte arabe del 2011 e l’ascesa dei Fratelli Musulmani nel vicino Egitto. I cristiani si sentono costretti a convertirsi all’Islam, mentre le donne cristiane subiscono molestie e pressioni per coprirsi i capelli e adottare forme di abbigliamento islamiche. In generale, i cristiani vengono fatti sentire come cittadini di seconda classe, nonostante il loro patriottismo palestinese e la loro storica affinità con la terra.
Chi accusa Israele di essere uno Stato teocratico, cosa che non è, non ritiene necessario dire che le carte fondative sia dell’Olp sia di Hamas stabiliscono che la loro giurisdizione è governata dalla Sharia, e quello non è certo un fatto positivo per i cristiani. Prima di trinciare giudizi, sarebbe bene essere un po’ meno insofferenti e un po’ più interessati a fornire notizie esatte.
Emanuele Calò