MEDIO ORIENTE – Parla l’esperto: Gli Houthi minaccia contenibile

«L’eliminazione di leader di alto rango degli Houthi potrebbe essere molto significativa se facesse parte di una campagna più ampia volta a smantellare i vertici del regime». Lo sottolinea a Pagine Ebraiche Ari Heistein, esperto israeliano di Yemen, parlando dei recenti attacchi aerei condotti da Israele. Una missione che potrebbe aprire un nuovo capitolo nella lunga guerra contro il gruppo armato yemenita alleato dell’Iran. A distanza di pochi giorni dall’eliminazione del primo ministro Ahmed al-Rahawi, colpito a Sana’a insieme ad altri funzionari di spicco, tra cui il ministro della Difesa Muhammad Nasser al-Attafi e il capo di Stato Maggiore Muhammad al-Ghamari, ci si interroga sull’impatto dell’azione israeliana. Per Heistein, «colpire la leadership potrebbe creare le condizioni affinché il regime non sia in grado di operare con efficacia ed eventualmente provocarne la frammentazione o il crollo».
Gli Houthi, che dal 2014 controllano la capitale yemenita e vaste aree del nord del paese, hanno costruito il loro potere su un’economia devastata, sulla repressione e su un indottrinamento radicale alimentato dal regime di Teheran. Ma, dopo un decennio al potere, la loro presa non è più così solida. «Hanno alienato l’opinione pubblica interna con una gestione brutale», osserva Heistein. «Prevedere cosa possa alla fine portarli alla caduta è più un’arte che una scienza, ma è chiaro che devono affrontare gravi sfide economiche e politiche. Ulteriori pressioni da fonti esterne potrebbero indebolirne ulteriormente la presa e aumentare la probabilità della loro caduta nel prossimo futuro».
Il movimento zaydita – ramo locale dello sciismo diffuso soprattutto nel nord dello Yemen – nacque come milizia tribale e religiosa, per poi trasformarsi in attore regionale sotto l’ombrello iraniano. La sua parabola ha trovato nuova visibilità dopo il 7 ottobre: missili balistici, droni e attacchi al traffico marittimo nel Mar Rosso hanno proiettato il gruppo al centro delle cronache internazionali, con il motto “Morte all’America, morte a Israele” issato sui loro vessilli. Eppure, la loro reale capacità di incidere sugli equilibri di sicurezza di Israele rimane limitata. «La loro minaccia militare diretta è modesta», spiega Heistein. «Ciò che conta di più è la loro ambizione e aggressività, insieme all’influenza che esercitano – o cercano di esercitare – in tutta la regione. È questo che potrebbe minare i partner di Israele e indebolire la sua posizione strategica».

d.r.