ISRAELE – Il logoramento dei riservisti e i nuovi aiuti umanitari a Gaza 

74 giorni di servizio l’anno, non di più. Era stata questa la promessa del capo delle forze armate Eyal Zamir ai riservisti, a fine luglio. Una garanzia pensata per arginare il logoramento di uomini chiamati e richiamati al fronte per quasi due anni di guerra. Ma l’approvazione, poche settimane dopo, del piano del governo Netanyahu per l’occupazione di Gaza City ha cambiato le carte in tavola: l’estensione della manovra ha fatto saltare l’impegno e due intere divisioni di riserva sono state richiamate per turni più lunghi del previsto. In tutto 60mila soldati: la più ampia mobilitazione dall’ottobre 2023.
La portata del richiamo non si è tradotta in un’adesione compatta. Secondo l’emittente Kan, dopo due anni di conflitto e di turni ripetuti, molti riservisti hanno chiesto l’esonero per motivi personali o finanziari. Le unità segnalano organici ridotti, compagnie e plotoni assottigliati, e perfino nei battaglioni regolari si avvertono i segni della stanchezza. Molti di quelli che si presentano sono volontari esterni alle unità originarie, un’anomalia che conferma la complessità di tenere insieme la macchina militare.
È in questo scenario che prende forma l’operazione “Carri di Gedeone II”: circa 130mila uomini tra riservisti e truppe regolari impiegati per la conquista di Gaza City. Una campagna a più fasi che potrebbe protrarsi fino al 2026, con lo schieramento di quattro divisioni dentro e intorno alla città. Un’operazione, raccontando i media locali, su cui lo stesso capo delle forze armate ha espresso scetticismo alla luce del logoramento dei soldati e del potenziale rischio per i 48 ostaggi israeliani ancora in mano a Hamas.

Acqua e cibo per Gaza
Accanto ai piani militari, l’esercito e il Cogat citano i progressi sul fronte umanitario. Nell’ultima settimana sono entrati a Gaza più di 320 camion di aiuti attraverso i valichi di Kerem Shalom e Zikim, cui si sono aggiunti altri 350 convogli presi in carico dalle Nazioni Unite e dalle organizzazioni internazionali. Una catena logistica che, pur tra mille difficoltà, continua a garantire cibo, medicinali e beni di prima necessità alla popolazione civile.
Sono state autorizzate nuove forniture di carburante Onu per mantenere attivi ospedali, impianti idrici e sistemi essenziali, mentre sul fronte infrastrutturale è arrivato il via libera di Gerusalemme all’estensione della linea elettrica Kela fino all’impianto di desalinizzazione di Deir el-Balah. L’impianto, che fino a oggi funzionava a combustibile e produceva 1.500 metri cubi di acqua potabile al giorno, quadruplicherà la capacità, raggiungendo i 6.000 metri cubi quotidiani, pari a circa sei milioni di litri.
Un risultato che, spiegano i tecnici internazionali coinvolti, potrebbe garantire acqua potabile a centinaia di migliaia di abitanti e alleggerire una delle emergenze più gravi della Striscia.

La critica verso la flottiglia Sumud
A sottolineare l’importanza di missioni coordinate è stato l’attivista palestinese Ahmed Fouad Alkhatib, critico verso Hamas ma contrario all’operazione israeliana a Gaza. Alkhatib ha seguito la partenza della nave emiratina Hamdan, carica di 7.000 tonnellate di aiuti diretti alla Striscia: rifornimenti che, se gestiti e distribuiti correttamente, potrebbero sostenere l’intera popolazione per uno o due mesi, ha spiegato sui suoi profili social. In aperta polemica con la “Global Sumud Flotilla”, salpata da Barcellona, l’attivista ha commentato: «Ci sono quelli che vogliono dimostrare qualcosa e quelli che vogliono fare la differenza: decidete da che parte stare». E ha aggiunto: «Fare la differenza non significa sventolare bandiere palestinesi e indossare kefiah; l’“attivismo” performativo e teatrale è l’ultima cosa che interessa ai gazawi in questo momento». Infine, un richiamo ai media: «Smettete di dare a chi cerca attenzione “pro-Palestina” ciò che desidera: un senso di rilevanza attraverso slogan vuoti e retorica».