ISRAELE – Sventato attentato contro Ben Gvir

Crosetto critica «atto grave e inaccettabile» delle Idf in Libano

Una cellula di Hamas in Cisgiordania era pronta a colpire con droni esplosivi il ministro israeliano della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. Lo Shin Bet e l’esercito l’hanno intercettata a Hebron, sequestrando il materiale e arrestando i sospetti, accusati di agire sotto la direzione del quartier generale di Hamas in Turchia. Secondo le indagini, i terroristi avevano acquistato diversi droni commerciali con l’intenzione di trasformarli in ordigni volanti, capaci di colpire in profondità all’interno del territorio israeliano. L’operazione, descritta dai servizi di sicurezza come «avanzata e concreta», rievoca altri casi recenti in cui reti terroristiche, legate all’Iran hanno ordito attentati contro figure politiche israeliane.
Un piano che ha riportato l’attenzione sulla fragilità della Cisgiordania, dove l’attività delle cellule terroristiche palestinesi si intreccia con i progetti politici dell’estrema destra israeliana. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, leader del Sionismo Religioso e alleato di Ben Gvir, ha presentato la sua mappa: annessione dell’82% della Cisgiordania, sei città palestinesi isolate come isole e il resto sotto pieno controllo israeliano. Un piano contestato dagli Emirati Arabi Uniti che lo hanno definito una «linea rossa da non varcare», avvertendo il primo ministro Benjamin Netanyahu l’annessione significherebbe la fine degli Accordi di Abramo.
Al primo ministro si sono rivolte in queste ore anche le famiglie degli ostaggi ancora in mano a Hamas. In marcia dalla Knesset alla residenza di Netanyahu, un gruppo di parenti dei rapiti ha chiesto al capo del governo un incontro e soprattutto un accordo di cessate il fuoco che sblocchi la trattativa. «Se il primo ministro lo volesse, gli ostaggi sarebbero già qui», hanno ripetuto. E i numeri confermano il malcontento. Secondo l’Israel Democracy Institute (IDI), quasi due terzi degli israeliani (64,5%) sostengono un’intesa che garantisca la liberazione degli ostaggi, la fine della guerra e il ritiro dell’esercito da Gaza. Il sostegno è trasversale: 92% tra gli elettori di sinistra, 77% al centro e una maggioranza relativa a destra (47% favorevoli contro il 44% contrari). Più della metà degli elettori del Likud e dei partiti haredi appoggia l’accordo, mentre solo il 23% di chi vota per il Sionismo Religioso di Smotrich lo sostiene.
Per quanto riguarda invece l’espansione delle operazioni militari a Gaza, che ha richiesto la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti, il 49% degli israeliani si è detto contrario, mentre il 42% favorevole. La spaccatura è netta: tra gli ebrei israeliani prevale il sostegno (49% a favore), mentre l’81% degli arabi israeliani, circa un quinto della popolazione, si dichiara contrario.
«C’è una parte consistente di israeliani che sostiene un accordo per il rilascio degli ostaggi che preveda il ritiro completo da Gaza, ma allo stesso tempo si dichiara favorevole all’espansione dei combattimenti», ha spiegato Tamar Hermann dell’IDI. «Ciò è dovuto alla natura specifica di ciascuna domanda: molti israeliani danno la priorità al ritorno a casa degli ostaggi anche a un costo elevato, ma se non è possibile raggiungere un accordo, sostengono l’espansione delle operazioni a Gaza». Stesso ragionamento vale per gli insediamenti nella Striscia: il 53% degli ebrei israeliani dice favorevole a ristabilirli, pur continuando a dare priorità a un accordo sugli ostaggi.
Oltre a Gaza, sotto osservazione anche le tensioni in Libano, dove l’Unifil ha denunciato «uno degli attacchi più gravi» contro i suoi caschi blu dal cessate il fuoco di novembre, accusando l’Idf di aver lanciato granate a pochi metri dal personale. L’esercito israeliano ha chiarito che si è trattato di un incidente operativo: i soldati avevano usato granate stordenti per allontanare un sospetto e non vi era alcuna intenzione di colpire le forze Onu. Ma le rassicurazioni non hanno placato le reazioni: il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha parlato di «atto grave e inaccettabile», sostenendo non sia stato «un errore» e promettendo di esprimere «con tutta la forza possibile» la disapprovazione del governo italiano al suo omologo israeliano. «I nostri soldati non hanno sparato deliberatamente contro Unifil», ha invece assicurato un portavoce di Tsahal.