INDIA-ISRAELE – Una relazione controcorrente

«Non tutto il mondo è contro di noi» titolava il sito israeliano ynet, riassumendo la complicata situazione internazionale dello stato ebraico. In un momento segnato dal ritiro di capitali stranieri, dalle tensioni con le cancellerie europee per il conflitto a Gaza e dall’allentarsi dei legami economici con alcune nazioni, Israele può contare sul passo in controtendenza dell’India: la promessa di un accordo di cooperazione economica che incrementerà in modo esponenziale gli scambi e investimenti tra i due paesi. Alla fine di settembre una delegazione guidata dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich volerà a Nuova Delhi per firmare un’intesa senza precedenti, che renderà Israele il primo Paese occidentale a beneficiare di un patto di protezione degli investimenti con la più popolosa democrazia del mondo, spiega ynet.
La cornice è quella di una partnership che negli ultimi anni si è consolidata su più piani: dalla difesa alla tecnologia, dall’agricoltura alla cyber-sicurezza. Lo scorso 15 agosto, in occasione del Giorno dell’Indipendenza indiano, il premier Narendra Modi ha risposto agli auguri del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ribadendo lo stretto rapporto tra le due nazioni e auspicando che «l’amicizia tra India e Israele continui a prosperare».
Un legame che non è sempre stato tale. Nel 1947 l’India votò contro la risoluzione Onu che sanciva la nascita dello Stato ebraico e per decenni mantenne una posizione filopalestinese, in linea con la sua appartenenza al Movimento dei paesi non allineati. Solo nel 1992, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, furono avviate relazioni diplomatiche ufficiali. La svolta vera arrivò con la visita di Modi a Gerusalemme nel 2017: da rapporto freddo e marginale a partnership strategica estesa a economia, difesa e innovazione.
Oggi il volume degli scambi bilaterali si aggira attorno ai 3,8 miliardi di dollari l’anno (2,4 miliardi di esportazioni israeliane e 1,4 di importazioni dall’India, escluse le pietre preziose), ma le cifre restano al di sotto del potenziale. Con il nuovo accordo, i due governi stimano che il flusso commerciale possa crescere di diversi miliardi di dollari nei prossimi anni, grazie a un meccanismo che assicurerà agli investitori condizioni più stabili: tutele reciproche contro cambiamenti normativi improvvisi, rischi di nazionalizzazione e misure considerate discriminatorie. Israele diventerà il primo paese occidentale a cui Nuova Delhi garantisce uno scudo legale che riduce l’incertezza e incoraggia investimenti di lungo periodo, sottolinea ynet.
All’orizzonte c’è anche il progetto del corridoio terrestre, annunciato al G20 del 2023: un’infrastruttura ferroviaria e logistica che collegherà India, Emirati, Arabia Saudita, Giordania e Israele fino al porto di Haifa, per ridurre tempi e costi di trasporto verso l’Europa e aggirare le rotte marittime a rischio nel Mar Rosso. Un’opera che prevede anche reti energetiche e di comunicazione, sostenuta dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, e che potrebbe trasformare Israele in un nodo commerciale strategico per il subcontinente.
In questo quadro, l’India guarda a Israele come a un alleato affidabile, un laboratorio di tecnologie militari e civili che può integrarsi con la propria capacità produttiva e con un mercato da centinaia di milioni di consumatori. Israele, invece, trova nel subcontinente un partner solido, un attore globale disposto a sostenerlo anche nei momenti di maggiore isolamento diplomatico.
Per l’economista Ricky Maman, firma di Makor Rishon, il rafforzamento del legame tra Israele e India potrebbe essere decisivo per Gerusalemme: «L’incontro tra la nostra innovazione e la loro dimensione potrebbe fare miracoli».