MILANO – I 95 anni di Liliana Segre, mazal tov!

Una gamba davanti all’altra, come suole dire lei, la senatrice a vita Liliana Segre è arrivata a 95 anni. E nel giorno del suo compleanno sono innumerevoli i messaggi di auguri provenienti dal mondo ebraico, dalle istituzioni e dalla società civile per celebrare una delle voci più importanti della Memoria della Shoah in Italia.
Nata a Milano il 10 settembre 1930, Segre fu deportata tredicenne insieme al padre Alberto ad Auschwitz-Birkenau il 30 gennaio 1944 dal famigerato Binario 21 della Stazione Centrale, oggi – grazie al suo impegno – diventato il Memoriale della Shoah della città. Fu l’unica della sua famiglia a sopravvivere ad Auschwitz.
Dopo la guerra ricostruì la propria vita nella sua città, sposando Alfredo Belli Paci e costruendosi una famiglia. Per molti anni scelse il silenzio sull’orrore del campo di sterminio; la svolta arrivò grazie all’incontro con un’altra sopravvissuta, Goti Bauer, che la incoraggiò a testimoniare. Da allora, a inizio anni Novanta, Segre – nominata nel 2018 senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella – ha trasformato la sua vicenda personale in un impegno pubblico instancabile, rivolto soprattutto ai giovani.
Un impegno celebrato, tra gli altri, dalla presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, che a nome dell’ebraismo italiano ha rivolto i propri auguri alla senatrice a vita con l’auspicio «che possa conservare la forza di proseguire il suo impegno di coraggiosa testimonianza sulla persecuzione subita».
Di Segni ha poi sottolineato come la lucidità e il rigore narrativo di Segre rappresentino «una bussola di coscienza civile, un richiamo imprescindibile alla responsabilità di ogni istituzione e di ogni cittadino». Da riconoscere anche «la forza d’animo» della senatrice a vita, «oggi ancora più essenziale dinanzi alle distorsioni, menzogne e farneticazioni di chi invece offende e nega la stessa memoria».
Nei giorni in cui inizia l’anno scolastico, ha proseguito la presidente Ucei, torna «con forza il suo ricordo dell’infanzia rubata e della scuola negata». Guardando al presente, Di Segni ha poi richiamato l’attenzione sui pericoli delle ricostruzioni storiche distorte, passate e presenti, che si pongono in aperto contrasto con le testimonianze dolorose e puntuali «di Liliana Segre, dei reduci dai campi, degli scampati alle persecuzioni nazifasciste, di chi, ancora tremante, è sopravvissuto al massacro del 7 ottobre». Chi si ostina a negare o a travisare, ha ammonito la presidente degli ebrei italiani, finisce per legittimare nuovamente quel genocidio «al quale occorre rispondere sempre con l’inno e la sacralità della verità e della vita». Infine la promessa: «Auguri Liliana. Noi ti siamo sempre accanto. Mazal Tov!».
Per il Memoriale della Shoah di Milano «la forza e l’esempio» di Segre «sono da sempre una forte luce che accompagna nel presente questo luogo e ne ispira il cammino».
A Pagine Ebraiche, in occasione del compleanno di Sami Modiano – anche lui classe 1930 e sopravvissuto ad Auschwitz – Segre non aveva nascosto la sua amarezza di fronte al presente: «È già un miracolo che noi siamo ancora sopravvissuti, che non siamo morti di disperazione. Perché io, ogni volta che leggo il giornale o accendo la televisione, vorrei non esserci. Vorrei non vedere certe cose: mi fanno soffrire troppo, tutte. Non c’è nulla che mi risparmi dal dolore. Io sono una donna di pace: non mi sono vendicata nemmeno quando avrei potuto. E vedere oggi morti da tutte le parti mi strazia».

d.r.