11 SETTEMBRE – Maurizio Molinari: «Dalla jihad al radicalismo politico, l’intolleranza genera violenza»

Oggi è il 24esimo anniversario del peggiore attentato di matrice jihadista sul suolo americano. E solo ieri l’America è stata insanguinata da un omicidio di probabile matrice politica. Da qua partiamo per parlare con Maurizio Molinari, profondo conoscitore degli Stati Uniti, dove ha lungo lavorato, saggista e già direttore de La Stampa e de La Repubblica.
Ventiquattro anni dopo, l’11 settembre è “celebrato” con un omicidio politico: come cambia il terrore in America?
«L’11 settembre l’America venne attaccata dal jihadismo sunnita che oggi continua ad esistere in maniere e forme diverse: dal regime dei talebani in Afghanistan a Hamas nella Striscia di Gaza fino ai gruppi terroristi che si moltiplicano nel Sahel. Con, in più, un grande interrogativo sulla Siria perché le milizie sunnite che hanno attaccato gli alawiti ed i drusi sono di stampo jihadista e sollevano dubbi sull’identità di cui governo guidato da Ahmed Sharaa, che proviene dallo stesso mondo. Questo spiega perché la minaccia del jihadismo resta tale nei confronti di tutti coloro che non lo sono, America inclusa. Se però il pericolo jihadista resta tale, a 24 anni dall’11 settembre, è indubbio che il rischio maggiore per gli Stati Uniti viene dal conflitto fra opposti radicalismi politici, talmente aggressivi da essere già degenerati in atti di violenza che sono culminati nel fallito attentato a Donald Trump in Pennsylvania ed ora nell’assassinio di Charlie Kirk nello Utah».
C’è un filo conduttore che lega le Torri Gemelle a Charlie Kirk?
«L’intolleranza nei confronti del prossimo. Così come Al Qaeda ha attaccato l’America con l’intenzione di demolirla come nazione, così il killer di Kirk è stato mosso dalla volontà di impedire di esprimersi ad una voce politica molto popolare. È l’intolleranza che genera violenza».
Questa è una tragedia americana o ci riguarderà tutti, in tutto l’Occidente?
«Lo scontro fra radicalismo di destra e sinistra è diventato una costante della vita politica in più Paesi democratici, dalla Germania alla Gran Bretagna, dalla Francia all’Italia. Gli Usa non sono un’eccezione. Se il populismo esprime in Occidente, da almeno dieci anni, il rifiuto della rappresentanza politica ora ha generato una dinamica di intolleranza fra opposti estremismi che minaccia le nostre libertà».
E gli ebrei americani sono più sicuri oggi o allora?
«Gli ebrei americani, come quelli europei, sono dal 7 ottobre 2023 alle prese con la più violenta onda antisemita dal 1945. Se il jihadismo resta un nemico feroce degli ebrei – come anche di cristiani e musulmani con opinioni diverse – la diffusione di aggressioni antiebraiche, verbali e fisiche, fa sentire gli ebrei insicuri dal Nordamerica all’Europa fino all’Oceania. Ciò che preoccupa di più è che questa onda antiebraica si sia generata, dopo il 7 ottobre, grazie a temi e vocabolari jihadisti ma ora arrivi a contagiare persone comuni in più Paesi».
Come va letta l’ascesa politica di Zoran Mamdani a New York City?
«Come la crescente affermazione della sinistra radicale dentro il partito democratico. Se il movimento Trump ha travolto il vecchio partito repubblicano di Reagan e Bush, la sinistra radicale può riuscire nell’impresa di archiviare il partito democratico di Kennedy e Clinton. Innescando scenari politici difficili da prevedere».
Gli ebrei diasporici non hanno altra possibilità che essere «difesi» dalle destre più o meno estreme?
«In ogni Paese democratico la difesa più efficace per gli ebrei – come per ogni altro cittadino – viene dalla difesa dello Stato di Diritto. E, per guardo riguarda l’Italia, della Costituzione repubblicana. È un principio fondamentale che gli ebrei europei hanno guadagnato con l’emancipazione nell’Ottocento e che è stato rafforzato dopo la sconfitta del nazifascismo e la costruzione dell’Unione Europea».
E qui da noi come siamo messi? Che meccanismi politici e mediatici si sono attivati negli ultimi due anni?
«In Italia, come altrove in Europa, l’intolleranza contro gli ebrei contagia e cresce. Ogni singolo giorno. Bisogna riconoscere tuttavia che i governi di Germania e Italia, i due Paesi sconfitti nella Seconda Guerra Mondiale, si sono finora rivelati i più determinati nel fronteggiare l’ondata di intolleranza antisionista ed antiebraica innescata dal pogrom di Hamas».
Daniel Mosseri