LONDRA – La testimonianza dell’ex ostaggio: «Ho preso il fucile del terrorista e ho detto: sparami!»

«Non volevo essere rapita. Preferivo morire», ha chiarito al pubblico di Londra, Emily Damari, ventinovenne con cittadinanza britannica e israeliana, sequestrata da Hamas il 7 ottobre 2023 e liberata dopo 471 giorni di prigionia. Mentre i terroristi palestinesi la accerchiavano, Damari li ha colti di sorpresa: «Ho preso la canna del fucile di uno di loro, me la sono puntata alla testa e ho detto: ‘Sparami! Sparami!’».
Durante l’evento promosso dalla United Jewish Israel Appeal, la più grande organizzazione filantropica ebraica del Regno unito, Damari si è presentata con una maglia bianca con al centro in nero i nomi dei suoi amici, i gemelli Gali e Zvi Berman, da 707 giorni nelle mani di Hamas. Per lei parlare oggi significa innanzitutto ricordare chi non è tornato. «Futuro è una parola che non riesco a pronunciare», ha confessato. «Finché i miei amici restano nelle gabbie di Gaza, non posso immaginare il mio».
Damari ha raccontato di essere stata rinchiusa in una piccola gabbia insieme ad altre cinque donne, «trattate come animali». Nessun letto, pochissimo cibo, nessuna possibilità di contatti con l’esterno. Gli aguzzini di Hamas si riferivano agli ostaggi come “detenuti”. “Ma io rispondevo loro: non lo siamo perché in quel caso avremmo dei diritti”. Un detenuto in prigione, ha ricordato Damari, “ha fatto qualcosa di sbagliato: ha rubato, ha violentato, ha fatto qualcosa. Io mi sono semplicemente svegliata nel mio letto».
Per settimane la giovane era convinta che la madre Mandy e il fratello Sean, entrambi residenti a Kfar Aza, fossero stati assassinati. “Ho persino scritto l’elogio funebre di mio fratello”. Poi in una delle poche volte in cui i carcerieri avevano acceso la televisione aveva visto la madre tenere in mano una sua foto e chiederne la liberazione. “È stato il momento più bello della mia vita nel posto peggiore in cui mi sia mai trovata. Ho scoperto che era viva e che stava lottando per me”.
Damari ha poi confermato quanto più volte sostenuto dall’esercito israeliano: l’ospedale Al Shifa di Gaza era in realtà un centro operativo di Hamas. «Quando mi ci hanno portata, la prima cosa che ho visto entrando è stato un cadavere, la seconda un gruppo di terroristi armati, la terza un medico che mi ha detto: ‘Ciao, sono il dottor Hamas’».
Alla serata londinese ha preso parte anche il presidente israeliano Isaac Herzog, che ha legato la testimonianza di Damari al quadro politico internazionale. «Abbiamo tutto il diritto di difenderci», ha ribadito, richiamando l’attenzione sulla lotta contro Hamas e sulle minacce iraniane. «Israele non sta solo difendendo se stesso, ma l’intero mondo libero: l’Europa, il Regno Unito e ogni nazione che aspira alla pace».
A Londra Herzog ha incontrato il primo ministro britannico Keir Starmer in un faccia a faccia descritto dai media locali come «teso». Il presidente israeliano ha avvertito Starmer che il riconoscimento di uno Stato palestinese «non aiuta a liberare gli ostaggi né a porre fine al conflitto, ma al contrario incoraggia gli estremisti». Il premier laburista ha insistito sulla necessità di «fermare la carestia» a Gaza, chiedendo più aiuti umanitari e una riduzione delle operazioni militari, pur sottolineando l’alleanza «di lunga data» tra Regno Unito e Israele.