UNIVERSITÀ – La violenza fuori e dentro le aule è la nuova regola

Lo scorso 16 settembre l’Università di Pisa è stata teatro di un episodio che ha scosso la comunità accademica: un gruppo di studenti propal ha interrotto una lezione del professor Rino Casella, docente di diritto pubblico comparato, accusandolo di «sionismo» e aggredendolo fisicamente. Casella, nel tentativo di difendere uno studente che cercava di strappare una bandiera palestinese, è stato colpito con calci e pugni. Dopo essere stato medicato al pronto soccorso, ha sporto denuncia. La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha definito l’aggressione «intollerabile» e ha annunciato che il governo valuterà la costituzione di parte civile. L’episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione nelle università italiane, dove le manifestazioni pro-Palestina sono diventate sempre più visibili e, in alcuni casi, aggressive. Al Politecnico di Torino un professore ordinario, Massimo Zucchetti, ha partecipato attivamente alle proteste degli studenti, arrivando a incatenarsi ai cancelli dell’ateneo in segno di solidarietà. Zucchetti ha criticato le «lobby» all’interno dell’università e dichiarato: «Sono anch’io un facinoroso dei centri sociali? Un esterno, un estraneo? Vergognatevi, se non era per gli studenti, il Politecnico faceva una figuraccia». Manifestazioni non dissimili da quanto avvenuto anche al Campus Einaudi, sempre a Torino, dove lo scorso 10 settembre un gruppo di studenti ha occupato il cortile interno montando tende e affiggendo striscioni in solidarietà con la Global Sumud Flotilla. L’iniziativa è stata descritta come una «mobilitazione permanente» per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla causa palestinese. Non tutte le manifestazioni sono state pacifiche: a maggio, sempre al Campus Einaudi, un incontro dell’Unione dei Giovani Ebrei d’Italia (Ugei) sul «diritto allo studio in contrasto all’antisemitismo in università» è stato impedito da circa 150 manifestanti pro-Palestina. L’Ugei ha definito l’episodio «un attacco violento e premeditato alla libertà di espressione e ai valori fondamentali dell’università e della democrazia». Si tratta di un ripetersi di eventi che hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla libertà accademica e alla sicurezza nelle università italiane. Giovanni Molari, rettore dell’Università di Bologna e presidente del Magna Charta Observatory

organismo internazionale che tutela e promuove i principi di libertà accademica e autonomia delle università nel mondo – ha dichiarato che «le università devono essere luoghi di confronto e di libertà, ma anche di rispetto e di sicurezza per tutti». Inoltre diversi atenei hanno sospeso o stanno decidendo di sospendere ogni rapporto con istituzioni israeliane, in segno di solidarietà verso i palestinesi. L’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei), attraverso la voce della sua presidente Noemi Di Segni, ha espresso preoccupazione per le manifestazioni e le aggressioni avvenute e ha denunciato l’irruzione all’Università di Pisa, definendola un’escalation preoccupante che riflette una deriva della violenza tollerata in nome di una cosiddetta “dialettica democratica”. Di Segni ha sottolineato: «Va ricordato che i palestinesi sono strumentalizzati da chi li tratta solo come scudi umani e nessuna irruzione nelle aule potrà mai soccorrerli. Anzi, così si continua a legittimare il terrorismo». Rispetto all’episodio avvenuto a maggio all’Università di Torino il commento di Di Segni era stato di ferma condanna dell’accaduto: «Un Paese democratico, una sede universitaria, un salone del libro – luoghi preposti allo studio e al confronto delle idee – non possono ospitare e legittimare persone che con violenza e soprusi negano ad altri di manifestare il proprio pensiero». L’Ucei ha più volte ribadito la necessità di preservare la libertà accademica e il rispetto reciproco all’interno degli atenei, invitando a un confronto che escluda la violenza verbale e fisica, e a un impegno per comprendere la complessità delle situazioni senza ricorrere a giudizi arbitrari.