DAFDAF 161 – Io e l’altro

Il numero di ottobre del giornale ebraico dei bambini, il 161, continua a dedicare spazio e attenzioni a quello che sarà il fil rouge del 5786: come possiamo dare corpo e sostanza all’idea del tiqqun ‘olam (תיקון עולם‎)? Cosa significa “riparare il mondo”? Un concetto che accompagna da secoli la preghiera finale di ogni liturgia ebraica, l’Alènu, un momento in cui si auspica un ordine morale universale condiviso nel Talmud è criterio per le correggere norme giuridiche quando danneggiano l’equilibrio sociale. È un principio di giustizia attiva, non uno slogan spirituale; significa rifiutare l’indifferenza, come nel principio biblico. “Non restare immobile sul sangue del tuo prossimo”; si manifesta nell’educazione, nel rispetto dell’ambiente, nella tutela dei diritti. È stato la spinta di molti ebrei nei movimenti per i diritti civili, e continua oggi a ispirare attivisti, medici e giuristi israeliani che operano per una società più inclusiva e solidale. E proprio oggi, mentre affrontiamo sfide drammatiche il Tiqqun ‘Olam non deve restare patrimonio di una minoranza idealista, ma diventare una bussola per scelte concrete, capaci di restituire coerenza etica e visione. Riparare il mondo non è un’utopia, ma un’urgenza che comincia con un gesto semplice: conoscere davvero, e studiare. Le prime due pagine, dedicate alla nuova rubrica di rav Reuvèn Roberto Colombo, ci ricordano come le fonti rabbiniche con la loro saggezza e con i loro insegnamenti spiegano che ogni gesto, anche piccolo, può avere effetti duraturi. In “La città infinita”, il racconto che abbiamo scelto per aprire questa nuova collaborazione, Rabbì ‘Akivà trasforma l’avidità del suo maestro in un dono che cresce all’infinito: distribuendo le ricchezze tra i poveri e invitandoli a studiare Torah, egli mostra che la vera ricchezza non si misura in oro, ma nella conoscenza e nella capacità di fare il bene. 

buona lettura!

a.t.

La città infinita

Rav Reuvèn Roberto Colombo, nella sua raccolta di fonti rabbiniche intitolata Io e l’altro, ha inserito anche una sezione di racconti per ragazzi. Tra quelle pagine abbiamo scelto il racconto che segue, che vogliamo dedicare a tutti coloro che sono da poco tornati sui banchi e hanno ripreso a studiare.

Rabbì Akivà era molto legato al suo Maestro Rabbi Tarfon. Aveva imparato da lui molta Torà e anche il buon comportamento. Solo una cosa Rabbì ‘Akivà non apprezzava di Rabbì Tarfon: la sua avarizia. 

Ovviamente il Maestro faceva tzedakà, ma non secondo le sue reali possibilità. Rabbì Tarfon, infatti, era ricco e avrebbe potuto aiutare molto di più i poveri della città, che a causa del loro lavoro non avevano tempo di studiare Torà. Rabbì ‘Akivà non sapeva come ammonire il suo anziano insegnante finché un giorno gli si presentò l’occasione.

Rabbì Tarfon cercava il modo di investire una certa somma di denaro e Rabbi ‘Akivà gli disse: “Io conosco un metodo infallibile e sicuro per guadagnare una cifra considerevole che darà i suoi frutti all’infinito. Dai a me il denaro che vuoi investire e ti comprerò i campi di un’intera città!”. 

Rabbì Tarfon non capiva molto d’affari e si fidò del suo discepolo. 

Rabbì ‘Akivà andò e divise le monete ricevute tra i poveri della città e li invitò a passare parte del loro tempo a studiare e a insegnare ai loro figli. 

Così avvenne. 

Dopo molto tempo Rabbì Tarfon incontrò Rabbì ‘Akivà. “Hai comprato i campi della città di cui mi avevi parlato?” gli chiese. 

“Certamente!” fu la risposta. “Vieni, ti porto a vederli” I due s’incamminarono finché giunsero alle porte della scuola. Entrarono e Rabbi Tarfon si trovò in un’aula gigantesca piena di giovani e anziani che studiavano

Torà con grande gioia. “Dove sono i terreni e la frutta che mi hai promesso?” – chiese. “Ma sono questi” – gli rispose ‘Akivà – “te ne darò la prova”. Chiamò un bambino e gli disse: “Leggi questo passo dal libro dei Salmi: Colui che dona il suo avere ai miseri ne godrà i frutti in eterno”.

Ecco, Maestro, la terra e la frutta è tutta qui. Il merito di tutto ciò che vedi varrà in eterno per te e per i tuoi discendenti”.

Rabbì Tarfon capì la lezione. Si alzò e baciò Rabbì ‘Akivà sul capo e gli disse: “Che tu sia benedetto per l’immenso profitto che mi hai permesso di guadagnare”.

Kallà Rabbati 2