SOCIETÀ – «Il nuovo sonno della ragione»

Il lascito morale e politico dello sciopero generale di venerdì scorso e del “pacifico” corteo pro-Gaza o pro-Pal è ben visibile a Roma sui muri delle vie attraversate dai manifestanti. Davanti al Colosseo leggiamo “Israele assassino”; in via Labicana “odio Israele” e “Israele stato terrorista”; in via Merulana un grande “morte a Israele” e “intifada fino alla vittoria” sul muro della Pontificia Università francescana (parlando di pacifismo) chiamata Antonianum, che a tre giorni da quel corteo non ha ancora ripulito le sue mura da queste oscenità (con quale coerenza teologica, mi chiedo, se nelle loro cappelle pregano con i salmi di David ha-melek “il Custode di Israele”…?). Ma come stupirsi: questo linguaggio è stato sdoganato da partiti politici, intellettuali, preti con la kefiah, testate giornalistiche e poco ci manca da alcuni servizi della Rai. L’italia è stata palestinizzata, l’islam radicale ha prevalso, la narrativa di Hamas ha vinto quando si può mettere in testa a un corteo pro-Gaza uno striscione che equipara il 7 ottobre a un atto di resistenza. Sono gli effetti di un “sonno della ragione” che ricorda le folle acclamanti degli anni Trenta. Da oltre nove anni è in corso una guerra dei sauditi contro lo Yemen, che ha fatto più di 370 mila morti, dove ci sono fame ed epidemie… ma sui muri di Roma l’assassino da odiare è solo e soltanto Israele.

La flottiglia ha mostrato il vero scopo, il vero collante di tutta questa “solidarietà umana”: non aiutare chi soffre ma distruggere chi ha saputo ricostruirsi una vita e costruire uno stato dopo un vero genocidio. Loro vogliono demolire e riscrivere la storia (l’ho sentito con le mie orecchie la sera di Kippur, quando sono stato costretto ad attraversare l’ennesima manifestazione propal per tornare a casa), Israele e la diaspora ebraica la stanno costruendo. E sarà a beneficio anche dei palestinesi che, abbandonando l’odio, vorranno davvero convivere nelle terre di Abramo.

Massimo Giuliani