IL CONVEGNO UCEI / 2 – Israele e il mondo dell’informazione, accuse e dibattito

La seconda parte del convegno Ucei su “La storia stravolta e il futuro da costruire” a due anni dal 7 ottobre si è aperta con un confronto sul mondo dell’informazione, con l’intervento dei direttori e giornalisti di varie testate. Prima di loro hanno preso la parola con alcune considerazioni e contestazioni il direttore dell’associazione Setteottobre Stefano Parisi e il demografo Sergio Della Pergola, professore emerito dell’Università ebraica di Gerusalemme. «La propaganda si è infiltrata nella società italiana e nell’informazione. Negarlo significa essere ciechi o complici», ha accusato Parisi. Quindi Della Pergola ha sostenuto che «la violenza contro Israele» nel sistema mediatico italiano si è distinta in alcuni casi per «toni e contenuti che rimandano ai regimi nazifascisti».
Il dibattito è stato moderato da David Parenzo, conduttore del programma L’aria che tira su LA7 e co-conduttore del programma radiofonico La Zanzara su Radio 24, che ha espresso il proprio sconcerto per la «nazificazione» di Israele in una parte del sistema informativo. E se Maurizio Caprara del Corriere della Sera ha sottolineato come vi sia stata in generale una «mancata comprensione» degli effetti del 7 ottobre sulla «vulnerabilità» della società israeliana, Marco Ferrando di Avvenire ha ricordato l’importanza di avere voci e cronisti sul campo. Per Incoronata Boccia, responsabile dell’ufficio stampa della Rai, Hamas meriterebbe «l’Oscar per la miglior regia, una regia alla quale ci siamo piegati senza alcuno spirito critico». Andrea Malaguti, il direttore della Stampa, si è rammaricato per le contestazioni espresse in premessa da Parisi e Della Pergola. «Non pensavo di essere sul banco degli imputati», ha esordito il direttore del quotidiano torinese, rivendicando la linea editoriale del giornale. Alla Stampa «facciamo parlare tutte le persone che riteniamo abbiano cose significative da dire», ha detto Malaguti, che ha poi lanciato una provocazione: «Se qui tra di noi ci fosse un membro di Hamas, sarebbe giusto che Israele ci bombardasse?». Franco Bechis, il direttore di Open, ha svolto un’analisi su come la guerra di Gaza si sia riverberata nel confronto politico interno. «È molto semplice», ha puntualizzato. «Se la destra sta con Netanyahu, allora la sinistra è contro Netanyahu». Mario Sechi, il direttore di Libero, ha spiegato i perché «del nostro racconto esteso pro Israele, perché credo nel diritto fondamentale di difendersi e muovere guerra; è un diritto non negoziabile». Per Alessandro Barbano, il direttore de L’altravoce, «c’è una emergenza del racconto in Italia» anche come effetto di «un modello talk show portato all’esasperazione». A detta di Claudio Velardi, il direttore del Riformista, «è necessario costruire delle bolle buone, che possano scavare nei fatti facendo emergere pezzetti di verità». Per il Foglio ha parlato il suo fondatore Giuliano Ferrara: «Sono contrario a eufemizzare, la guerra di Gaza è stata terribile. Ma va anche detto che le sue vittime sono vittime strategiche e morali di Hamas». In un successivo spazio di approfondimento Maurizio Molinari (La Repubblica) ha ragionato sui nuovi scenari nel Medio Oriente in trasformazione, mentre l’ex parlamentare Emanuele Fiano, oggi presidente di Sinistra per Israele, ha parlato di Israele come di una democrazia “in movimento”. Per Molinari, «la vera scommessa» è trasformare Gaza «da parte del problema a parte della soluzione», facendone un tassello che possa rilanciare gli Accordi di Abramo. Senza comunque dimenticare che l’Iran, «l’unico paese che si oppone all’accordo su Gaza», è sì indebolito rispetto al passato «ma possiede ancora potenzialità militari formidabili». Riflettendo attorno alle sfide della democrazia israeliana, Fiano ha invitato a non dimenticare come Israele sia «un esperimento straordinario, nato in condizioni storiche eccezionali e cresciuto in un contesto geopolitico totalmente ostile».