Daniel e Israel dalla strada all’orgoglio

Il quartiere di Hatikva, a sud di Tel Aviv, porta un nome che in ebraico significa “speranza”. Ma più spesso è stato sinonimo di emarginazione. Già nel 1973 il New York Times titolava: «In un quartiere di Tel Aviv chiamato “Speranza”, i residenti ne hanno poca».
Un’area povera, negli ultimi decenni diventata il riparo di famiglie di migranti africani. È in questo contesto che sono cresciuti Daniel e Israel Dappa, figli di Joseph e Mary, arrivati dal Ghana nei primi anni Duemila in cerca di lavoro e di un futuro migliore. Nei parchetti di Hatikva, i due fratelli hanno trascorso infinite ore della loro infanzia. «Giocavano a calcio per strada tutto il giorno», ha ricordato ad Haaretz Tom Yosef, che proprio in un campetto del quartiere scoprì le qualità di Israel e lo portò a giocare nell’associazione sportiva Bnei Yehuda.
Classe 2009, Israel è stato il primo dei due ragazzi a farsi notare. «Era ancora acerbo, ma già imponente», ha raccontato Yosef. Custodiva ogni paio di scarpe come un tesoro, ma all’inizio era discontinuo: assente agli allenamenti, in ritardo, poco concentrato. Le famiglie dei compagni di calcio lo sostenevano con gesti semplici come fargli il bucato, perché dai Dappa non c’era la lavatrice. La cura e l’attenzione ricevute, ha sottolineato Yosef, hanno convinto Israel a impegnarsi e cambiare passo. A 14 anni l’Hapoel Gerusalemme lo ha portato in collegio, tenendolo lontano da strada e distrazioni. Oggi, a 17 anni, ha già firmato un contratto triennale e segnato al debutto in prima squadra, diventando uno dei marcatori più giovani della storia del calcio israeliano.
Daniel, più grande di un anno e mezzo, ha seguito lo stesso percorso con tempi diversi. Descritto come un ragazzone grosso e impacciato, ha iniziato a Kfar Shalem, quartiere contiguo ad Hatikva, dove ha imparato le basi, poi è passato al Bnei Yehuda e infine al Maccabi Netanya. Qui ha bruciato le tappe: 19 gol in una stagione giovanile, poi nel 2024 l’esordio tra i grandi, quattro reti decisive in campionato, compresa quella che ha infranto lo scorso anno i sogni di titolo dell’Hapoel Beersheba. Ma, come per Israel, costruirsi la carriera da calciatore non è stato semplice. A quindici anni Daniel ha lasciato casa per trasferirsi al collegio Ort Netanya, uno dei vivai calcistici più importanti d’Israele.
Nei primi tempi era chiuso in se stesso, con difficoltà a gestire la rabbia. Nonostante gli ostacoli, il Maccabi Netanya non ha mai pensato di rinunciare a lui. Al contrario, ha mobilitato figure chiave per sostenerlo.
Una di queste è stata Hagit Morag, dirigente del club e madre di un ex giocatore, che lo ha accolto fin dal primo giorno. «Mi chiamarono e mi chiesero: vuoi un progetto?», ha ricordato Morag intervistata dal sito israeliano One Sport. «Sono andata a prenderlo alla stazione: era seduto dietro, silenzioso, senza dire una parola. Era estate, il collegio era chiuso e non c’erano né pasti né organizzazione, così è venuto a vivere con me. Gli dissi: sono qui per te, qualsiasi cosa ti serva».
Da allora Hagit è diventata per lui una seconda madre, lo accompagna ancora oggi e precisa di aver fatto lo stesso con altri ragazzi. L’esperienza è stata talmente positiva che il club ha istituito un ruolo dedicato a seguire i giovani provenienti da contesti difficili. «La realtà l’ha costruita lui», ha sottolineato Hagit, «io ho solo camminato al suo fianco».
Un altro punto di riferimento nella crescita di Daniel è stato Nikita Stoyanov, difensore della prima squadra, che ha condiviso la stanza con lui al collegio: lo svegliava al mattino, controllava l’alimentazione, lo spingeva a vivere da professionista. «Gli dava anche una sgridata quando serviva», ricordano al club.
Il resto l’ha fatto la determinazione. Nel marzo scorso i fratelli Dappa hanno ottenuto la cittadinanza israeliana, un traguardo che ha cambiato la vita di tutta la famiglia. Per loro non è stato solo un riconoscimento formale: senza documenti rischiavano di non poter rientrare in Israele dopo un viaggio all’estero. Per il timore di restare bloccato alla frontiera, Daniel aveva saltato diversi ritiri internazionali. Con il nuovo passaporto, ha potuto allenarsi senza timore, viaggiare con la squadra e soprattutto indossare la maglia della nazionale giovanile israeliana. Entrambi i fratelli hanno detto no all’interesse della federazione ghanese, scegliendo di legarsi a Israele. «Un vero orgoglio», ha commentato il giovane alla prima convocazione in primavera. Per Daniel il grande salto calcistico è arrivato questa estate: l’Hapoel Tel Aviv lo ha acquistato dal Netanya per due milioni di euro, il trasferimento più costoso nella storia del club. Una cifra che sembrava inimmaginabile quando, da piccolo, giocava in strada con il fratellino. Daniel ha firmato un contratto quinquennale e su di lui ci sono grandi aspettative per questa stagione, nonostante abbia solo 19 anni. Israel prosegue il suo percorso a Gerusalemme. La scorsa stagione ha segnato oltre trenta gol nelle squadre giovanili e ora si allena stabilmente con i grandi. «I due fratelli si sentono tutti i giorni, si raccontano tutto», ha affermato Morag. «È questo legame che li fa andare avanti: ognuno sprona l’altro, e insieme sognano un futuro diverso». La loro storia, scrive Haaretz, è insieme simbolo ed eccezione. «Simbolo perché raccontano una storia di riscatto. Eccezione, perché migliaia di ragazzi cresciuti in quartieri simili non hanno la stessa occasione».
Daniel e Israel Dappa oggi rappresentano una piccola “speranza”. E non solo per il loro quartiere.

Daniel Reichel

(Nell’immagine: i fratelli Daniel e Israel Dappa con il ct della nazionale israeliana Ran Ben Shimon)