ISRAELE – Il paese si veste di rosa: l’addio a Inbar Haiman

Le strade tra Rishon LeZion e Petah Tikva si sono tinte di rosa. Migliaia di persone, vestite con il colore diventato simbolo di Inbar Haiman, hanno accompagnato la sua salma nell’ultimo viaggio. Dai balconi, lungo i ponti e i viali, parenti, compagni di studi, amici e sconosciuti hanno reso omaggio a “Pink”, come era conosciuta nel mondo dei graffiti. Inbar era l’ultima donna ostaggio ancora trattenuta a Gaza: sequestrata il 7 ottobre 2023 al festival Nova, è stata uccisa in prigionia a dicembre e la sua salma è rimasta in mano ai terroristi fino alla restituzione di pochi giorni fa.
Aveva 27 anni, viveva a Haifa e studiava comunicazione visiva alla Wizo Academy of Design and Education. L’arte era la sua lingua, il modo per costruire legami. Con una bomboletta spray trasformava muri grigi e oggetti abbandonati in segni di bellezza. Disegnava, riciclava, insegnava ai più giovani a sperimentare. A quindici anni la sua prima firma: un punto interrogativo rosa su un muro vicino a casa. Da allora il suo nome d’arte era diventato “Pink Question”, abbreviato in “Pink”. Quel rosa che oggi è diventato colore del lutto.
Al funerale, la madre Yifat ha ricordato i momenti più intimi condivisi con la figlia: «Mi dicevi sempre: Mamma, fai sempre quello che ti fa stare bene. Sei la più bella del mondo. Ci sedevamo per un caffè, con i telefoni da parte, e dicevi che quello era il “tempo di mamma”. Ci raccontavamo i segreti più intimi. Sei la mia figlia e anche la mia migliore amica». Poi, tra le lacrime: «Come si fa, come può una madre dire addio a sua figlia dopo averla cresciuta per 27 anni? Come può una madre seppellire la propria bambina, così pura e luminosa?».
«Eri una ragazza di libertà, natura, luce e amore. Sempre a prenderti cura degli altri prima che di te stessa», ha ricordato il padre, Haim Haiman. «Ricordo i nostri viaggi, la tua risata contagiosa, i tuoi abbracci forti. Nessuno ci aveva detto che il dono di averti sarebbe durato solo 27 anni. Mi dispiace tanto non essere stato lì per salvarti. Non ti dimenticheremo mai».
Il fratello Ido ha parlato di un vuoto incolmabile: «Eri la mia unica sorella. Ogni risata, ogni lacrima che ci hai lasciato dietro non svanirà mai. Non so come andare avanti senza di te».
Tra i presenti c’era anche il presidente d’Israele, Isaac Herzog, accompagnato dalla moglie Michal, vestita di rosa in segno di solidarietà. «Carissima Inbar, amata, coraggiosa, l’ultima delle donne rapite a tornare da noi», ha affermato Herzog. «Chiedo perdono: perdono per non essere stati lì per te, perdono per non averti potuta salvare, perdono per averci messo così tanto tempo a riportarti a casa».
Herzog ha definito Inbar «un’artista per natura, uno spirito libero, coraggiosa e sensibile», e ha sottolineato che la sua vita è stata spezzata «in modo crudele, trascinata nell’oscurità dell’inferno da Hamas». Poi ha ammonito: «La missione non è conclusa finché ogni ostaggio non tornerà a casa e non avrà un luogo di riposo nella nostra terra».